Processi petrochimici di trasferimento di massa nel mantello litosferico sottocontinentale sottostante il Massiccio Nord Patagonico: dai serbatoi astenosferici all’atmosfera attraverso l’influenza della placca subdotta.
- Responsabili di progetto
- Alberto Zanetti, Gustavo Walter Bertotto
- Accordo
- ARGENTINA - CONICET - Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas
- Bando
- CNR/CONICET 2013-2014
- Dipartimento
- Terra e Ambiente
- Area tematica
- Scienze del sistema Terra e tecnologie per l'ambiente
- Stato del progetto
- Nuovo
Proposta di ricerca
La zona meridionale dell'Argentina costituisce un caso di studio di grandissimo importanza a livello internazionale per quanto concerne lo studio geologico, petrologico e geochimico degli scambi di massa tra placca in subduzione, astenosfera e litosfera, serbatoi (reservoir) chimici che in questo areale interagiscono sin dal Mesozoico. Tale interazione viene tipicamente studiata attraverso la caratterizzazione delle lave eruttate in superficie, ma con ancor maggiore dettaglio mediante lo studio delle litologie di mantello litosferico, le quali, nell'areale specifico, sono presenti con inusuale abbondanza come inclusi (xenoliti) nelle lave stesse. Infatti, gli inclusi mantellici sono presenti nell'Argentina Meridionale sia in lave relative all’attuale magmatismo di arco, che in tutto il retro-arco, sino a località distanti quasi 700 km dalla fossa di subduzione, documentando un intervallo di latitudine compreso tra 33°S e 52°S. E' ritenuta quindi potenzialmente possibile tramite questi studi una ricostruzione dei flussi di massa tra i vari reservoir a scala regionale. Membri della unità italiana applicante sono stati artefici negli ultimi dieci anni di progetti italo-argentini dedicati alla caratterizzazione di tali processi, i cui risultati sono stati documentati in lavori su riviste internazionali di prima fascia (Laurora et al., 2001; Rivalenti et al. 2004a,b; 2007). Oggetto di questa proposta è il campionamento di xenoliti mantellici in lave cenozoiche eruttate nel Massiccio Nord Patagonico, e la loro caratterizzazione petrologica e geochimica. Questa area specifica risulta essere molto interessante perché la composizione della sua colonna mantellica ed i processi da essa registrata sono al momento relativamente poco caratterizzati nel dettaglio. Tale area presenta inoltre lave eruttate di composizione molto variabile (da basalti ad andesiti), che rivelano la presenza di sorgenti sia crostali che mantelliche. Ciò fa di essa un caso di studio ideale per gli obiettivi proposti. Nell’ambito di questo studio verranno investigate le modificazioni subite dalla litosfera a seguito della migrazione profonda dei vari liquidi, le sorgenti profonde di questi, unitamente alle loro modalità di migrazione. Fine ultimo è quello di porre ulteriori vincoli sulla definizione del trasferimento di massa legato al riciclo subduttivo.
Per raggiungere questi obiettivi, ci si propone di studiare la petrografia e la composizione a livello di elementi maggiori, in traccia e isotopica delle fasi mineralogiche e liquide presenti negli xenoliti ultramafici mantellici delle località di Cerro Chenque, Cerro León e Cerro del Mojon relative al Massiccio Nord Patagone. Lo studio petrografico è essenziale per determinare la litologia, il suo grado di deformazione e le relazioni tessiturali tra le varie fasi, tutti elementi fondamentali per determinare l’evoluzione petrologica della roccia. La determinazione degli elementi maggiori nelle fasi sarà utile nella definizione dell’equilibrio delle fasi, dei processi petrochimici di impoverimento e/o arricchimento metasomatico. Gli elementi maggiori sono inoltre utili per stabilire le condizioni di temperatura e pressione di equilibratura, le quali consentono di determinare la regione litosferica di provenienza. La determinazione degli elementi in traccia, essenzialmente nei clinopirosseni e ortopirosseni e potenzialmente anfibolo, apatite e vetri, è uno strumento formidabile, combinato alle osservazioni precedenti, per la definizione delle condizioni di equilibrio tra le fasi, dell’entità dei processi di fusione parziale subiti dalle varie litologie, e del riconoscimento e ricostruzione degli eventi metasomatici e della natura dei liquidi che li hanno prodotti. La caratterizzazione della composizione isotopica di Sr, Nd e Pb in separati di clinopirosseno fornisce vincoli fondamentali alla definizione delle sorgenti dei liquidi.
Dal punto di vista geodinamico la zona meridionale dell'Argentina rappresenta un areale di retro-arco impostato su litosfera continentale. Esso è legato alla subduzione ad occidente di due placche, quella di Nazca (a Nord del 46°S di latitudine) e quella Antartica (a sud di tale parallelo). L'evoluzione tettono-magmatica cenozoica - quaternaria di tale areale è decisamente complessa a causa della continua evoluzione delle modalita' di subduzione delle varie placche del dominio Pacifico, comportando tra l'altro l'alternanza di fasi compressive e distensive nella litosfera continentale, ampie migrazioni dell'arco vulcanico, e enormi quantità di magmi basaltici di retro-arco eruttati in varie cicli magmatici. In particolare, nell’areale di retro-arco compreso nell’intervallo di latitudine tra 33°S e 52°S, si originarono durante il Cenozoico episodi vulcanici multipli caratterizzati dalla presenza di basalti alcalini (Stern et al., 1990). Molti di questi affioramenti basaltici contengono inclusioni (xenoliti) di rocce del mantello litosferico sottocontinentale (peridotiti e pirosseniti). Diversi autori hanno condotto studi su queste inclusioni, dalle prime scoperte di Villar (1975) e Gelos e Hayase (1979), sino agli studi regionali condotti da Rivalenti et al. (2004), Bjerg et al. (2005) e Schilling et al. (2008) sulla base di xenoliti mantellici raccolti tra il 36ºS e il 52ºS. Delle più di 20 località contenenti xenoliti di mantello, solo due recano peridotiti a granato: queste sono l’area vulcanica di Pali Aike affiorante tra la provincia di Santa Cruz e il Cile (Skewes e Stern, 1979; e lavori successivi) e Prahuaniyeu nella provincia del Rio Negro (Ntaflos et al., 2001; e lavori successivi). I lavori petrologici di letteratura hanno evidenziato come il mantello litosferico subcontinentale della Patagonia sia stato largamente modificato dall’interazione con fusi e/o fluidi, i quali hanno prodotto metasomatismo da criptico a modale di intensità variabile (Bjerg et al., 2005; Rivalenti et al., 2004). Le limitate testimonianze di campioni aventi composizione mineralogica e geochimica consistente con quella di semplici residui refrattari suggeriscono lo svilupparsi dei processi di fusione parziale ed estrazione di fuso principalmente in condizioni di facies a spinello, risultando decisamente subordinate le evidenze di fusione parziale in facies a granato. La tipologia degli agenti metasomatici registrati negli xenoliti varia in funzione della distanza dalla fossa e risulta spesso legata alla presenza di componenti di subduzione, come nelle località di Cerro de Los Chenques (Rivalenti et al., 2007) e il Cerro del Fraile (Kilian e Stern, 2002). Nelle zone più lontane dalla fossa, come ad esempio Gobernador Gregores, il metasomatismo osservato è stato attribuito sia alla migrazione di fusi carbonatitici (Gorring e Kay, 2000), che a componenti derivati dalla placca subdotta (Rivalenti et al., 2004a). Metasomatismo ad opera di fusi silicatici è stato invece invocato per le peridotiti di Cerro de Los Chenques, Cerro Clark (Dantas et al., 2009) e Pali Aike (Kempton et al., 1999). Le stime di temperature e pressioni indicano gradienti geotermici elevati, che hanno portato a proporre la presenza di plumes di mantello in un ambiente tettonico estensionale (es. Bjerg et al., 2005, 2009). La storia magmatica nel Nord della Patagonia durante il Paleogene presenta una transizione da ambiente di arco a intraplacca. Per questo periodo, Cande e Leslie (1986) segnalarono una convergenza altamente obliqua, accompagnata da un basso tasso di subduzione tra la placca Farallon e quella Sudamericana, che avrebbe dato luogo a fenomeni di estensione continentale, generando fusione parziale dell’astenosfera per decompressione prodotta dall’attenuamento litosferico e dalla conseguente risalita astenosferica. Parte del fuso generato corrisponde ai basalti alcalini affioranti nella zona di Pasos de Indios appartenenti al Paleocene-Eocene (Alric, 1996). L'Oligocene fu caratterizzato da un regime estensionale con magmatismo diffuso, che comprende il plateau di Somuncura. Il Miocene vide la riattivazione della subduzione della placca di Nazca associato ad un cambio dello stile tettonico, che divenne caratterizzato da un regime di compressione che provocò l’inversione tettonica nel Miocene superiore (Aragon et al., 2011). La seguente proposta scientifica si basa sulla caratterizzazione petrologica e geochimica del mantello sottocontinentale del Massiccio Nord Patagonico, attraverso lo studio di xenoliti mantellici portati alla superficie da fusi basaltici cenozoici. Attualmente, la Patagonia settentrionale è un segmento con subduzione normale, delimitata a nord da una zona di subduzione suborizzontale, e a Sud da una zona di subduzione a basso angolo (Heintz et al., 2005). L’area e’ di estremo interesse per la comunità scientifica internazionale e gli xenoliti di mantello provenienti da essa sono stati oggetto di studi preliminari atti a monitorare la loro variabilità composizionale a livello regionale: questi studi sono documentati nei lavori di Labudía (1994), Alric (1996), Rivalenti et al. (2004b), Bjerg et al. (2005). Castro et al. (2011) hanno caratterizzato xenoliti crostali (granuliti) dalle lave di Cerro Chenque (Chubut), trovando significativi impoverimenti in elementi incompatibili, attribuita a loro fusione parziale. Questi autori hanno determinato un'età U-Pb su zircone (mediante SHRIMP) di 175,9 Ma, che coincide con l'età del vulcanismo andesitico in regioni vicine a Paso de Indios. In generale, questo settore di mantello offre una opportunità unica di documentare lo scambio di massa operato mediante la migrazione di fusi e/o fluidi tra reservoir molto diversi comprensivi della placca in subduzione, la risalente astenosfera e la sovrastante litosfera. La documentazione di tale scambio registrato dagli xenoliti mantellici litosferici può fornire: a) un quadro entro cui interpretare il budget degli elementi chimici riciclati nel mantello profondo mediante subduzione; b) indicazioni sulle modificazioni e sulla evoluzione della litosfera continentale e dell’atmosfera causate dalla attività magmatica profonda e superficiale.
Bibliografia
Alric, V., 1996. Tesis Doctoral, Univ. Nac. de la Patagonia San Juan Bosco. Aragón E. et al., 2011. Tectonophysics 509: 218-237. Bjerg, E., et al., 2005. J. South Am. Earth Sc. 18: 125-145. Bjerg, E.A., et al., 2009. J. Petrol. 50:1267-1298. Cande, S., Leslie, R., 1986. J. Geoph. Res., 91: 471-496. Castro, A., et al., 2011. J. South Am. Earth Sc. 32: 567-574. Dantas, C., et al., 2009. Lithos 107:107-120. Gelós, E., Hayase, K., 1979. 6º Cong. Geol. Arg. 2: 69-82. Gorring, M., Kay, S. 2000. Contrib. Miner. Petrol. 140: 55-72. Heintz, M., et al., 2005. Tectonophysics 406:115-139. Kempton, P., et al., 1999. 7º Inter. Kimberlite Conf. 1: 415-428. Kilian, R., Stern, C., 2002. E.J.M. 14: 25-36. Laurora A., et al., 2001. J. Petrol. 42: 69-87. Labudía, C., 1994. II Jornadas Miner., Petrogr. y Metalog. de Rocas Ultrabásicas UNLP 3: 523-532. Ntaflos, Th., et al., 2001. 11º Goldschmidt Conf.,abstract Nº 3126. Rivalenti G.,. et al., 2004a. Contrib. Mineral. Petrol. 147: 647-670. Rivalenti, G., et al., 2004b. J. South Am. Earth Sciences 17: 121-152. Rivalenti, G., et al. 2007. Lithos 99: 45-67. Schilling, M., et al., 2008. Earth Planet. Sc. Lett. 268: 89-101. Skewes. M., Stern, C., 1979. J. Volc. Geoth. Res. 6: 3-25. Stern, C., et al., 1990. Contrib. Miner. Petrol. 104: 294-308. Villar, L., 1975. 2º Congr. Iberoam. Geol. Econ. 3: 135-156.
Obiettivi della ricerca
L'obiettivo generale della ricerca è quello di fornire informazioni di dettaglio sugli scambi chimici che intervengono tra placca subdotta, astenosfera, litosfera e, per quanto riguarda specificamente gli elementi volatili, l’atmosfera, legati ad un ciclo subduttivo. L’areale prescelto per la raccolta dei campioni, cioè il Massiccio Nord Patagonico, risulta psrticolarmente indicato per un simile studio in quanto i) presenta un numero consistente di località contenenti inclusi mantellici in lave, ii) ha subito notevoli variazioni del contesto geodinamico nel tempo (con variazione delle modalità di subduzione della placca sottostante, associati con fasi sia compressive che estensive della litosferica e risalita astenosferica), le quali sono state associate alla eruzione di lave aventi composizione chimica molto variabile, che rivelano sorgenti sia crostali che mantelliche. Esso pertanto risulta ideale per la caratterizzazione perseguita.
Lo studio comporterà lo sviluppo di un modello più completo dell'evoluzione tra il Paleogene e Pliocene del mantello litosferico sottostante l’area meridionale e centro-occidentale del Massiccio Nord Patagonico attraverso lo studio di xenoliti di mantello nelle località di Cerro León, Cerro Chenque (Chubut) e Cerro del Mojon (Rio Negro).
I dati petrologici e geochimici acquisiti verranno modellati in modo tale da:
- Definire le caratteristiche composizionali e fisico-chimiche della colonna di mantello litosferica sottocontinentale;
- Ricostruire i gradienti petrologici e geochimici legati alle interazioni liquido-peridotiti;
- Definire la composizione originale, volumi e sorgenti dei liquidi migranti;
- Identificare le possibili variazioni chimiche e mineralogiche subite dagli xenoliti mentre essi venivano trasportati in superficie.
I risultati dello studio degli xenoliti mantellici del Massiccio Nord Patagone verranno confrontati con quelli relativi ad altre zone dell’Argentina Meridionale allo scopo di meglio definire l'eventuale presenza a livello regionale di gradienti di scambi di massa tra i vari reservoir geochimici.
Ultimo aggiornamento: 15/05/2025