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Impatto e destino del prione responsabile delle TSE nell'ecosistema suolo

In molti paesi europei le Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (TSE), epidemiche del bestiame, risultano essere uno dei maggiori problemi economici per la sostenibilità delle produzioni animali. Inoltre, la possibile trasmissione di tale malattia all'essere umano, dovuta all'ingestione di carni infette, diagnosticata come variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob, crea grande preoccupazione per la salute pubblica.
Il suolo può venire contaminato e diventare una potenziale riserva di infettività di TSE a causa di:
a) perdite accidentali da impianti di carne o farine di ossa infette;
b) incorporazione di carni o farine di ossa infette nei fertilizzanti;
c) spargimento di acque di scarico provenienti da industrie che riciclano materiale infetto;
d) possibili contaminazioni naturali dovute al pascolamento di animali infetti;
e) seppellimento di carcasse di animali infetti.
Per valutare i rischi sopramenzionati è necessario avere delle conoscenze fondamentali sui meccanismi che riguardano la dispersione dell'agente infettivo (prione) delle TSE e la sua persistenza nel suolo. Le interazioni della proteina prionica con i costituenti minerali ed organici del suolo e la suscettibilità ad eventi idrolitici mediati dall'attività dei microrganismi del suolo (liberi o associati con gli invertebrati del suolo) sono argomento di fondamentale importanza ed attualmente ancor del tutto sconosciuto.
La sezione di Firenze dell'ISE partecipa ad un progetto internazionale finanziato dall'Unione Europea su questo argomento. Il titolo della ricerca è: "Biotic and Abiotic mechanisms of TSE infectivity Retention and Dissemination in soil".
In questo progetto l'ISE è il responsabile degli studi chimici e fisici sui complessi organici ed organo-minerali del suolo e sulla interazione fra il prione e questi componenti in relazione anche alle pratiche agronomiche e nel contesto geobiochimico.
In particolare vengono studiati:
a) i meccanismi di assorbimento del prione sulle superfici dei minerali del suolo, per comprendere i fattori principali di ritenzione del prione nel suolo e le possibili modifiche della conformazione della proteina che possono influenzarne l'infettività;
b) i meccanismi di interazione del prione con la sostanza organica del suolo, per valutare come la sostanza organica, influenzando le caratteristiche chimico-fisiche del suolo, possa intervenire sull'assorbimento e l'eventuale immobilizzazione della proteina in relazione alla sua infettività.
Per questo particolare tipo di studi nei nostri laboratori è stato realizzato uno strumento, innovativo nel nostro settore, che permette l'ossidazione controllata della sostanza organica senza danneggiare la frazione minerale. La rimozione della sostanza organica fino ad ora non poteva essere effettuata con le procedure classiche senza alterare la frazione minerale. Tale metodo si basa sull'attivazione, mediante radiofrequenze, di un plasma freddo di ossigeno che permette l'ossidazione della sostanza organica a bassa temperatura (intorno agli 80 C°).