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Sonde luminescenti e dispositivi fotovoltaici

In seguito ad assorbimento di luce solare nella regione spettrale del visibile e del vicino ultravioletto le molecole mutano profondamente le loro proprietà. Tali cambiamenti, dovuti alla formazione di stati elettronici eccitati, sono di breve durata. In alcune frazioni di secondo, la molecole tendono a tornare al loro stato iniziale di equilibrio, tipicamente attraverso l'emissione di calore o di luce. Quest'ultimo processo è chiamato fotoluminescenza e può essere sfruttato per vari scopi. Ad esempio è possibile mettere a punto delle sonde luminescenti per analisi biomediche (fluoroimmunologia) grazie alle quali viene determinata la concentrazione di virus o batteri in una matrice biologica. La luce emessa da tali sonde consente di rilevare quantitativamente la presenza di antigeni [Fig.1]. La facilità di rilevazione del segnale di emissione e la praticità del metodo fanno sì che questo tipo di analisi sia una valida alternativa alla radioimminologia che, a tale scopo, prevede l'impiego di agenti radioattivi. Nei nostri laboratori abbiamo studiato vari complessi di lantanidi con eccellenti proprietà di luminescenza, che possono essere impiegati come traccianti luminescenti in fluoroimmunologia.
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L'assemblaggio di più subunità molecolari in una struttura complessa dà luogo ad una struttura supramolecolare. In un sistema di questo tipo è possibile indirizzare l'eccitazione luminosa su uno specifico componente, creando localmente uno stato eccitato. Esso può dare il via ad importanti interazioni con le unità vicine, quali il trasferimento di energia o di elettroni. Questi processi sono di fondamentale importanza in alcuni fenomeni naturali. Nella fotosintesi clorofilliana ad esempio, la luce solare inizia una serie di reazioni chimiche che generano molecole ad alto contenuto energetico come gli zuccheri. In definitiva l'energia elettromagnetica in ingresso viene trasformata in energia chimica (prodotti vegetali alla base della catena alimentare).
E' possibile sfruttare processi di trasferimento di energia ed elettroni in sistemi molto più semplici, preparati in laboratorio, per convertire luce solare in energia elettrica, anziché chimica. In collaborazione con un gruppo del CNRS francese di Strasburgo (Dr. J.F. Nierengarten) abbiamo messo a punto dei sistemi costituiti da due subunità: un fullerene C60 che funge da accettore di elettroni ed una subunità esterna aromatica che agisce sia come antenna per la luce che come donatore di carica [Fig. 2].
Sistemi di questo tipo, depositati come film sottili ed inseriti in dispositivi fotovoltaici, hanno mostrato la generazione di corrente elettrica in seguito ad irraggiamento luminoso. Questo costituisce un esempio di cella fotovoltaica "plastica", cioè basata su materiale organico. Dallo sviluppo di sistemi di questo tipo ci si attende una nuova generazione di dispositivi fotovoltaici in grado di produrre energia elettrica e limitare in prospettiva il ricorso a combustibili fossili inquinanti e non rinnovabili.
Il Dr. Nicola Armaroli ha ricevuto il prestigioso Grammaticakis-Neumann International Prize in Photochemistry riservato ai giovani ricercatori che operano in questo campo ed assegnato dalla Società Svizzera di Fotochimica e Fotobiologia (http://www.sgpp.ch/grammaticakis.html).

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