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Previsioni di rientro per il Satellite Goce

Il satellite GOCE dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) è stato lanciato il 17 marzo 2009. Escludendo il propellente, aveva una massa di 1002 kg e una forma approssimativamente cilindrica, con diametro di 1 m, lunghezza di 5,3 m e due coppie di "pinne" laterali che sporgevano di un ulteriore mezzo metro rispetto al corpo del satellite. Dopo aver mappato per quattro anni il potenziale gravitazionale terrestre con un'accuratezza e un dettaglio mai raggiunti prima da un'orbita polare circolare a bassissima quota, il 21 ottobre 2013 il motore ionico a bassa spinta usato per contrastare la resistenza dell'alta atmosfera si è spento automaticamente quando la pressione nel serbatoio dello xeno è scesa al di sotto della soglia critica di funzionamento. A quel punto il satellite è entrato in "fine-pointing mode", una fase del volo caratterizzata dalla progressiva perdita di altezza, ma in cui continuava a operare un controllo fine dell'assetto per minimizzare la resistenza aerodinamica. Secondo quanto previsto dalle specifiche costruttive, il sistema di controllo di assetto avrebbe dovuto essere in grado di compensare gli effetti del gradiente di gravità e, soprattutto, delle forze aerodinamiche fino a una resistenza media lungo l'orbita di 20 mN. Tuttavia il sistema si è dimostrato molto più robusto del previsto, rimanendo operativo fino al rientro, cioè oltre 100 volte la specifica di progettazione.

Una dettagliata analisi, commissionata dall'ESA prima del lancio, aveva trovato che durante il rientro nell'atmosfera GOCE si sarebbe progressivamente disintegrato, tra i 95 e i 35 km di quota, producendo 43 frammenti macroscopici, con una massa complessiva di circa 270 kg, in grado di raggiungere il suolo distribuendosi su un arco spaziale di 900 km e uno temporale di 17 minuti. Il 90% della massa sarebbe stato concentrato in soli 8 frammenti, il più massiccio dei quali di 95 kg, che avrebbero toccato terra con velocità comprese tra i 220 e i 440 km/h. Tenendo conto dell'inclinazione orbitale del satellite, ogni località compresa tra gli 83,5° di latitudine nord e sud veniva sorvolata. Ciò corrispondeva a più del 99% della superficie terrestre, escludendo solo due piccole calotte sferiche centrate sui poli. La probabilità che un frammento di GOCE colpisse qualcuno in giro per il mondo era stata stimata in circa 1 su 5000, cioè leggermente superiore alla soglia di allerta adottata a livello internazionale, cioè 1 su 10000.

La natura peculiare della campagna di rientro di GOCE, che vedeva un decadimento orbitale incontrollato associato a un controllo fine dell'assetto nella direzione della resistenza aerodinamica, ha reso le previsioni di rientro di questo satellite un interessante caso di studio, in particolare perché nessuno era in grado di prevedere a priori se e quando il sistema di controllo di assetto avrebbe smesso di funzionare, provocando un improvviso aumento del tasso di decadimento orbitale. Come in altre occasioni di questo tipo, l'Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione (ISTI) del CNR ha elaborato le previsioni di rientro per l'Agenzia Spaziale Italiana e il Dipartimento della Protezione Civile, cooperando e scambiando informazioni anche con le agenzie spaziali appartenenti all'Inter-Agency Space Debris Coordination Committee (IADC). A causa del carattere eccezionale del rientro di GOCE, la definizione di finestre di incertezza affidabili non è stata semplice, soprattutto se si tiene conto dell'uso che ne viene fatto per le valutazioni di protezione civile. Tuttavia, dopo un periodo iniziale di test e di analisi, dei criteri ragionevolmente conservativi sono stati elaborati e applicati, con risultati ottimi e consistenti fino al termine della campagna di previsioni di rientro.

Poiché l'attenzione del Dipartimento della Protezione Civile era ovviamente focalizzata sul territorio nazionale, durante gli ultimi tre giorni di permanenza in orbita del satellite sono stati simulati tutti i possibili rientri sull'Italia ancora inclusi nelle finestre globali di incertezza, consentendo di ottenere accurati tracciati territoriali e finestre temporali di rischio con largo anticipo, qualora poi ce ne fosse stato realmente bisogno. 61 ore prima del rientro erano ancora possibili sei opportunità di caduta di frammenti sul nostro paese, progressivamente ridotte, grazie al restringimento delle finestre di incertezza, a quattro 56 ore prima, a tre 40 ore prima e a due 25 ore prima. Solo 14 ore prima del rientro è stato possibile escludere tutto il territorio Italiano e il suo spazio aereo da ogni residuo rischio di caduta di frammenti e 4 ore prima è stato distribuito allo IADC l'ultimo tracciato globale di rischio associato alla previsione finale. Sulla base delle testimonianze e delle informazioni acquisite, i frammenti di GOCE sono quindi precipitati nel tratto di Oceano Atlantico meridionale compreso tra le Isole Falkland e la costa argentina, inabissandosi in mare tra le 00:24 e le 00:40 UTC di lunedì 11 novembre 2013.

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