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Verso nuovi modelli neuronali per la cura della malattia di Huntington

' in uscita ad aprile, sulla rivista scientifica 'Stem Cell Research', uno studio che apre nuove prospettive per la cura della malattia di Huntington, frutto della collaborazione tra Andrea Ilari dell'Istituto di biologia e patologia molecolari (Ibpm) del Cnr di Roma e Ferdinando Squitieri dell'Irccs 'Casa Sollievo della sofferenza' di San Giovanni Rotondo (Foggia).

Il lavoro nasce dall'esigenza di scoprire i meccanismi molecolari coinvolti nello sviluppo di questa patologia genetica neurodegenerativa. La malattia di Huntington -che in Italia conta circa 6-7.000 persone colpite e 30-40.000 considerate a rischio di ammalarsi- è dovuta alla mutazione del gene della proteina Huntingtina. Negli individui sani, questo gene contiene un tratto poli-CAG (che corrisponde nella proteina ad un tratto di poliglutammnime) al di sotto di 35 triplette, mentre negli individui malati questo tratto è espanso (>35 triplette) e causa la sintesi di una Huntingtina mutata, che danneggia le cellule nervose.

Il nome associato alla patologia deriva da George Huntington, il medico americano che l'ha descritta per la prima volta nel 1872, sintetizzandone i tre punti fondamentali: la tendenza al suicidio e al disturbo mentale; l'ereditarietà e il carattere progressivamente invalidante. La malattia, infatti, è causa di diversi sintomi: movimenti involontari -come di una danza incontrollata, ragion per cui è anche detta còrea, dal greco 'danza', la perdita delle capacità cognitive e i disturbi psichiatrici: le manifestazioni sono variabili da soggetto a soggetto, anche all'interno dello stesso nucleo familiare e ciò la rende particolarmente difficile da riconoscere e da curare. La malattia è, ad oggi, trattabile solo in via sintomatica e non è stata ancora trovata una cura che porti alla guarigione, la rallenti nel decorso o che ne prevenga l'insorgenza.

Per questo motivo c'è bisogno di nuovi modelli per studiare i meccanismi molecolari della malattia e per testare nuovi farmaci contro di essa.

Il lavoro pubblicato su 'Stem Cell Research' fornisce una speranza a quanti cercano di capire come curare la patologia: nello studio, infatti, sono state prese delle cellule della cute di un paziente (fibroblasti) e con una tecnica innovativa (già messa a punto da Jessica Rosati e Angelo Vescovi) sono state ottenute delle cellule staminali pluripotenti. Queste cellule staminali possono essere trasformate in neuroni: si apre, così, la strada a nuovi tipi di sperimentazioni, in quanto è ora possibile avere le cellule neuronali del paziente senza tecniche invasive e studiarle 'in vitro' per aumentare la nostra conoscenza sulla malattia e individuare possibili strategie terapeutiche.

Ref. 'Generation of induced pluripotent stem cell line, CSSi004-A (2962), from a patient diagnosed with Huntington's disease at the presymptomatic stage', Stem Cell Res. 2018 Apr; 28:145-148. doi: 10.1016/j.scr.2018.02.014. Epub 2018 Feb 21. PubMed PMID:29486399)