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P53, un numero antitumorale

La proteina p53 è stata identificata nel 1979 da Arnold Levine della Princeton University (USA) e da David Lane, dell'Imperial Cancer Research Fund (Regno Unito), ma solo dopo dieci anni si è scoperta la sua importante funzione di gene soppressore tumorale indicandola una delle più interessanti nell'elaborazione delle terapie anticancro. Si attiva infatti ogni volta che le nostre cellule subiscono un alterazione, fermando la divisione delle cellule e consentendo la riparazione del Dna. Se il danno è irreparabile, p53 diventa 'super-attiva' e le cellule muoiono per apoptosi, il cosiddetto suicidio cellulare. Quando il gene corrispondente Tp53 che codifica per la proteina è alterato o mutato si sviluppa invece il tumore (tale alterazione è responsabile del 50% dei casi).

Tra le proteine più studiate dagli scienziati di tutto il mondo, la P53 ha suscitato anche l'interesse di un gruppo di ricercatori dell'Istituto per le applicazioni del calcolo 'Mauro Picone' (Iac) del Cnr di Roma. Il team studia il gene utilizzando modelli matematici che consentono di simulare, mediante equazioni differenziali, le diverse catene di reazioni che si verificano ogni istante all'interno delle cellule, e di estrapolare e ricostruire quanto avviene a partire dai dati degli esperimenti biologici. "Più in generale, questi modelli matematici consentono di capire la dinamica dei segnali che le cellule si scambiano per comunicare tra loro e il modo con cui tali segnali si muovono all'interno e all'esterno della cellula. Un lavoro complesso ma ma essenziale ma fondamentale per trovare nuove terapie farmacologiche" spiega Roberto Natalini dell'Iac-Cnr. "Negli ultimi anni in Istituto abbiamo proposto modelli che tenessero conto dell'effettivo spostamento spaziale dei segnali nel citoplasma e nel nucleo. Più recentemente, poi, in collaborazione con il gruppo del progetto Bang dell'Inria in Francia, abbiamo focalizzato le nostre ricerche sul trasporto della proteina p53".

In condizioni normali la concentrazione di p53 nel nucleo della cellula è debole. Nel caso di danni al Dna, si osservano invece oscillazioni nella concentrazione della proteina, che aumentano con l'aumentare del danno. "Attualmente stiamo lavorando a un nuovo modello tridimensionale che riproduca e simuli numericamente questo meccanismo", conclude Natalini. "L'obiettivo è comprendere come avvenga lo spostamento della p53 dal nucleo al citoplasma e quali siano i fattori in grado di controllare meglio la sua azione. Utilizzando modelli diversi, possiamo, ad esempio, determinare il meccanismo biologico che regola queste oscillazioni, localizzare i processi nelle diverse regioni della cellula e quantificare i tempi effettivi di trasporto delle proteine. Scopo finale è aiutare i medici a disegnare nuovi farmaci, cercando, mediante la simulazione, di accelerare e razionalizzare i tempi della ricerca clinica".