Press release

Un polo per la latinita'

26/05/2005

Nell’ambito della III Conferenza dei Direttori degli Istituti Italiani di Cultura, in corso presso il Ministero degli Affari Esteri da oggi al 28 maggio, il prof. Roberto de Mattei, vicepresidente del Consiglio nazionale delle ricerche e consigliere per le relazioni culturali del ministro degli Esteri, on. Gianfranco Fini, ha lanciato la proposta di un "polo che comprenda la famiglia linguistica romanza e l’identità culturale che discende dalle radici romane e latine".

Il progetto parte da alcune constatazioni. "Il sistema italiano tende oggi a ridurre la cultura ad evento, spesso effimero, e la lingua a mero strumento di comunicazione", quasi che si tratti due aspetti separati, sottovalutando il forte nesso che li lega.

Inoltre, se "esiste una più ampia macro identità occidentale, che comprende le due Americhe e tutti i termini in cui la civiltà europea si estende", esiste parimenti una "macro identità europea in cui convergono le tradizioni e le culture degli Stati nazionali delle due Europe oggi riunificate, la Occidentale e la Orientale", forte di un patrimonio che "include valori quali il principio greco di non-contraddizione, l’idea romana di diritto, il concetto cristiano di persona umana".

All’interno del macro-sistema "Occidente" esistono però dei sotto-sistemi identitari tra cui "l’identità linguistica e culturale della latinità". Considerato che "oggi si parla molto dell’egemonia linguistica dell’inglese, temuta come vettore di un soft-power culturale", chiede il prof. de Mattei, "perché non lavorare alla promozione di un polo che comprenda la famiglia linguistica romanza e l’identità culturale che discende dalle radici romane e latine?".

All’interno della macro-identità occidentale, vi sono infatti già alcuni concetti identitari forti, come quelli di "ispanismo" e di "deutschum". Lo sviluppo di una cultura di "italianità" è invece "ad oggi assente sul piano culturale e istituzionale" e perciò sarebbe auspicabile procedere "nella direzione di un collegamento con gli altri Paesi di lingua latina, in particolare Spagna e Portogallo, al fine di ipotizzare un ‘polo’ linguistico-culturale di ‘latinità’, da affiancarsi alla rete della cultura anglosassone come modello generale di interrelazioni Ue".

Non va trascurato che le lingue romanze sono oggi ufficiali in ben 60 paesi: 30 per il francese, 20 per lo spagnolo, 7 per il portoghese, 2 per l’italiano (Italia e Svizzera), uno per il rumeno e Andorra per il catalano. L’inglese è lingua ufficiale solo in 45 paesi, e l’arabo in 25. Anche sul piano della diffusione, la latinità è prevalente a livello planetario: 621 milioni di persone in quattro continenti –186 milioni in Europa – parlano lingue romanze. Si va dallo spagnolo con 370 milioni di parlanti, tra le lingue più parlate al mondo, al ladino con i suoi 25.000.

In termini demografici - considerate le proiezioni al 2025 che indicano 1 miliardo e 561 milioni di cinesi, 1 miliardo e 48 milioni di abitanti di paesi anglofoni, 484 milioni di ispanofoni, 285 milioni di lusofoni e 506 milioni di francofoni – possiamo prevedere che tra una ventina d’anni i locatori di lingue romanze suscettibili di comprendersi tra loro saranno più di 1,3 miliardi: il triplo di quanti parleranno l’arabo (secondo le previsioni al 2025, 448 milioni). "Perciò, chi vorrebbe riservare questo ruolo esclusivamente all’inglese non dà prova di grandi capacità d’anticipazione", osserva de Mattei.

Da qui la proposta lanciata dal vicepresidente del Cnr ai direttori degli Iic e agli "Stati appartenenti all’area delle lingue romanze" di "promuovere insieme, nei rispettivi sistemi scolastici, l’adozione di metodi di apprendimento mirati all’intercomprensione tra le varie lingue di origine latina, che potrebbero acquisire uno status mondiale di co-ipercentralità, a fianco dell’inglese". Se si è potuta creare, in tempi brevi, una moneta comune, è infatti impensabile la creazione di una lingua comune per tutta l’Europa, a meno di non voler convenzionalmente sceglierne una già esistente. Ma bisogna sviluppare il pluralismo linguistico, non favorire l’egemonia di una lingua. Non ci si può limitare a difendere la propria lingua. Bisogna incoraggiare l’apprendimento delle altre", conclude de Mattei.

Sul piano operativo, il prof. de Mattei lancia alcuni suggerimenti volti a creare "un efficace contenitore di cooperazione su una macroarea culturale che ruoti sul concetto di radici linguistiche, istituzionali, giuridiche, religiose di comune afferenza". Il primo è insegnare in Europa, a incominciare dalle elementari, due lingue straniere, secondo la decisione presa nel 2002 dal Consiglio europeo di Barcellona, tenendo conto che esso "non ha indicato l’inglese come una di queste due lingue". A livello di istruzione universitaria, ipotizzare lo sviluppo di master o corsi che promuovano lo scambio tra docenti e ricercatori, sotto il coordinamento degli Iic-Cervantes-Camoes e con la partecipazione dei Ministeri degli Esteri. Avviare programmi di partenariato tra Istituti quali Dante Alighieri, Cervantes e Camoes, volti a sviluppare strategie di insegnamento e promozione bilaterale delle rispettive lingue. Individuare nel "polo della latinità" macroaree su cui sviluppare una politica di cooperazione della cultura latina: promozione di scambi e cooperazione tra solisti e gruppi musicali attivi nella ricerca delle comuni radici neolatine (dal gregoriano alle contaminazioni tra musica europea e latinoamericana); coinvolgimento dei gruppi teatrali che insistono sulla riscoperta del teatro romano, della tragedia greca, fino alla storia moderna folkloristica; incontro tra i differenti Istituti culturali di promozione e traduzione degli autori e della letteratura di matrice latino-mediterranea. Ultimo, ma non meno importante, lo sviluppo delle radici latino-cristiane dell’Europa culturale, che risiede nello sviluppo millenario dello jus commune, o jus gentium

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