14/07/2025
Il 14 giugno 2025 è stato lanciato con successo il satellite CSES-02 (China Seismo-Electromagnetic Satellite-02), secondo della serie CSES e frutto della cooperazione tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la China National Space Administration (CNSA).
Alla missione partecipa un’ampia componente scientifica italiana, che opera nell’ambito della collaborazione Limadou, una rete coordinata dall’ASI con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e con il contributo del Consiglio nazionale delle ricerche con l'Istituto di fisica applicata "Nello Carrara" (Cnr-Ifac), dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e di numerose università italiane.
CSES-02 opererà in tandem con il satellite gemello CSES-01, lanciato nel 2018 e ancora operativo. L'obiettivo della missione è l'osservazione e l'analisi di fenomeni ionosferici e magnetosferici legati a eventi geofisici estremi come i terremoti, nonché a fenomeni atmosferici e di Space Weather, come le tempeste geomagnetiche e le particelle solari ad alta energia. I dati della missione saranno messi a disposizione della comunità internazionale tramite il centro dati SSDC dell’ASI, nell’ottica di promuovere ricerche multidisciplinari nell’ambito della geofisica, della fisica della ionosfera e dello Space Weather.
A bordo del satellite si trova in particolare l’apparato HEPD-02 (High-Energy Particle Detector), rivelatore di particelle di alta energia progettato per lo studio dei raggi cosmici e delle fasce di Van Allen, di cui Cnr-Ifac ha coordinato tutte le fasi di sviluppo tecnologico, dal disegno all’integrazione fino alle campagne di test e qualifica, in stretta collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, responsabile della realizzazione dell’apparato.
Lo strumento HEPD-02 è composto da rivelatori specializzati per l'identificazione di singole particelle cariche e la misura della loro energia e direzione di arrivo, in particolare elettroni con energie cinetiche comprese tra 3 e 100 MeV e protoni da 30 a 200 MeV. Tali rivelatori sono costituiti da numerosi strati di materiali scintillanti (plastici e cristalli pesanti) letti da tubi fotomoltiplicatori (PMT), e da un sistema tracciante composto da piani di sensori a pixel attivi monolitici (MAPS). Questo, in particolare, costituisce il primo impiego assoluto di rivelatori MAPS in ambito spaziale.
Per informazioni:
Sergio Bruno Ricciarini
Cnr-Ifac
sergiobruno.ricciarini@cnr.it
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