Nota stampa

Lo smart working negli Enti di ricerca pubblici

07/10/2020

È stato recentemente presentato il rapporto “Indagine sullo Smart Working e questioni di genere negli enti di ricerca italiani durante l’emergenza Covid19”, dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps).

Lo studio fornisce una prima analisi dei carichi di lavoro, dei tempi dedicati a lavoro e famiglia e delle modalità per affrontare il cosiddetto lavoro agile da parte dei dipendenti degli enti di ricerca pubblici. L’analisi è stata svolta su un campione di 2.721 persone tramite la rilevazione di un questionario online, con metodo CAWI, un sistema di somministrazione online dei questionari, avvenuta tra aprile e giugno 2020. Il rapporto di ricerca prodotto dal gruppo di lavoro è disponibile sul sito web di editoria elettronica di Cnr-Irpps https://www.movetothecloud.it/irpps/e-pub/index.php/wp/article/view/254.

Obiettivo dell’indagine è verificare le capacità di innovazione nel garantire la continuità del lavoro e di conciliazione vita privata-lavoro durante il periodo di smart working. Le principali dimensioni di analisi sono state: la divisione del carico di lavoro, di cura domestica e familiare; la gestione del tempo libero dopo aver concluso le attività professionali; l’auto-valutazione delle attività svolte e dell’esperienza dello smart working in generale alla luce dell’emergenza Covid19.

I risultati evidenziano un atteggiamento positivo dei dipendenti nei confronti del lavoro agile. “Il 45,5% degli uomini e il 41% delle donne ha ritenuto di aver svolto il proprio lavoro secondo le stesse modalità e standard, mentre il 37% degli uomini e il 40% delle donne ha ritenuto di aver lavorato di più”, afferma Sveva Avveduto del Cnr-Irpps e coordinatrice dello studio. I principali fattori positivi dello smart working indicati dagli intervistati sono il risparmio di tempo negli spostamenti verso il posto di lavoro (per il 67% delle donne e il 66% degli uomini) e la flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro (secondo il 49% delle donne e dal 51% degli uomini). Tra gli aspetti negativi c’è al primo posto la perdita di socialità con i colleghi (secondo il 67% dei rispondenti uomini e il 66% delle rispondenti donne). “La mancata socializzazione è un elemento rilevante non solo per garantire collaborazioni efficaci nei gruppi di lavoro, ma anche per assicurare quella serendipità, ovvero la capacità di giungere a scoperte per puro caso grazie alla condivisione di tempi e spazi di lavoro in comune, che è uno dei cardini della ricerca scientifica. Una maggiore integrazione tra lavoro da casa e lavoro in sede, considerato migliorabile dal 45% delle donne e dal 51% degli uomini, potrebbe costituire la risposta a questo tema”, aggiunge Avveduto.

Relativamente alla divisione del carico di lavoro domestico risulta che alle donne vengono delegati lo svolgimento delle pulizie (73%) e la cura dei figli (52%), mentre gli uomini si fanno carico di disbrigo di burocrazia (59%) e piccole riparazioni (56%). “Date queste premesse, appare rilevante un aspetto conclusivo della ricerca. Interrogati sulla possibilità o meno di continuare l’esperienza di smart working oltre la fase emergenziale, i dati mostrano che oltre la metà dei rispondenti al questionario, il 55% delle donne e il 54% degli uomini, si dichiara propensa a richiedere un prolungamento del lavoro agile. Il tema si presta ad una serie di considerazioni e riflessioni sul futuro dello smart working nella ricerca pubblica che il gruppo di lavoro che ha realizzato il questionario di Cnr-Irpps è pronto a condividere con tutti i soggetti interessati”, conclude Avveduto.

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