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Studio italiano apre nuove prospettive terapeutiche per la Retinite Pigmentosa

11/10/2010

Uno studio tutto italiano in pubblicazione questa settimana sulla autorevole rivista PNAS e nato dalla collaborazione tra il CNR di Pisa, l'Università degli Studi di Milano, l'Università di Pisa, la Fondazione G.B. Bietti di Roma e la Nanovector di Torino, dimostra, a seguito di una sperimentazione effettuata sui topi, l'efficacia di un trattamento farmacologico innovativo nel rallentare la degenerazione dei fotorecettori nella Retinite Pigmentosa. Lo studio annuncia importanti novità anche per la modalità di somministrazione del trattamento, particolarmente interessante per il basso livello di invasività.

La Retinite Pigmentosa è una malattia genetica che causa la progressiva morte cellulare dei fotorecettori della retina portando così a cecità.
UnaUna ricerca italiana in pubblicazione sulla rivista PNAS riporta i risultati si un trattamento farmacologico che utilizza una molecola (chiamata Myriocin) che inibisce la morte cellulare agendo su una catena biochimica ben studiata in varie altre condizioni patologiche ma mai nella Retinite Pigmentosa. Questa catena porta alla sintesi dello sfingolipide ceramide si snoda in numerosi passaggi che culminano nella morte cellulare. Dato che ognuno di questi è un potenziale (e finora inesplorato) bersaglio farmacologico per la Retinite Pigmentosa, questo studio "pilota" apre nuove prospettive di trattamento per tale patologia.
Un altro risultato importante della ricerca riguarda la via di somministrazione del farmaco, basata sull'impiego di nanoparticelle lipidiche, qui usate in forma di collirio, una modalità decisamente meno invasiva delle iniezioni intraoculari solitamente in uso per il trattamento di varie patologie oculari.
Le nanoparticelle, caricate della molecola inibitrice, sono state somministrate a topolini che riproducevano in modo fedele la Retinite Pigmentosa umana, andando incontro a una progressiva degenerazione della retina. Il trattamento ha abbassato il ceramide retinico, ha aumentato la sopravvivenza dei fotorecettori, ne ha conservato la morfologia e ha aumentato la capacità della retina di rispondere alla luce come valutato attraverso la registrazione dell'elettroretinogramma.
In conclusione, secondo gli autori dello studio, la somministrazione del farmaco ha rallentato la degenerazione della retina e la progressione della Retinite Pigmentosa nei topolini e, quindi, può rappresentare un approccio terapeutico per la cura della malattia negli esseri umani. La somministrazione di farmaci in nanoparticelle lipidiche potrebbe agevolare il trattamento continuo e non invasivo dei pazienti con Retinite Pigmentosa ed altre patologie della retina.
Lo studio è stato coordinato dalla Dott. Enrica Strettoi, dell'Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa e dal Prof. Riccardo Ghidoni, biochimico dell'Università di Milano, con la collaborazione della Prof. Claudia Gargini dell'Università di Pisa, esperta in fisiologia del sistema visivo, e dell'Ing. Paolo Gasco, della Nanovector di Torino, azienda depositaria del brevetto per le nanoparticelle usate come veicolo. Hanno collaborato giovani ricercatori della Fondazione Bietti (Dott. Elena Novelli), delle Università di Pisa (Dott. Ilaria Piano) e di Milano (Dott. Giusy Sala).

Enrica Strettoi - Istituto di Neuroscienze CNR
Area della Ricerca-Via Moruzzi 1-56100 PISA
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