Comunicato stampa

Vero kashmir? Lo dice il Cnr

19/02/2006

Tecniche immunologiche messe a punto in biologia applicate dal Cnr per il riconoscimento di questa preziosa fibra. Un aiuto alla lotta alla contraffazione per l'industria tessile italiana, che trasforma circa un quarto dell'intera produzione mondiale

Il principale produttore mondiale di kashmir grezzo è la Cina (circa il 50% delle 4.000 tonnellate annue di prodotto mondiale) mentre all'Italia (Biella e Prato) spetta il primato per la lavorazione di questa fibra, 10 volte più leggera e più calda della lana e che costa decine di volte di più. Non c'è da meravigliarsi, poiché da ogni capra si ottengono circa 300 grammi di fibra ma solo 120 possono essere utilizzati per la manifattura: la quantità che serve a produrre una sciarpetta. Per fare un maglione, invece, servono sette caprette e oltre cinque chilometri di filo. Così i capi di abbigliamento in kashmir raggiungono prezzi da capogiro.
Come ogni prodotto prezioso anche il kashmir è oggetto di truffe più o meno ben congegnate. Ma quali sono attualmente i metodi di prova utilizzati, studiati e in fase di sviluppo per determinare qualitativamente e quantitativamente il contenuto di kashmir in un prodotto tessile?
"Per il momento", spiega Claudia Vineis, ricercatrice dell'Istituto per lo studio delle macromolecole (Ismac) del Cnr di Biella, "le analisi vengono eseguite in laboratori specializzati, dove le fibre sono identificate sulla base delle loro caratteristiche morfologiche, mediante microscopia ottica o microscopia elettronica a scansione, e dove il corretto riconoscimento in un materiale tessile dipende soprattutto dall'esperienza dell'operatore".
Appare, perciò, evidente l'importanza di nuovi metodi di identificazione alternativi, per migliorare la sicurezza e la standardizzazione dei risultati. "Grazie a un progetto congiunto tra le sedi di Biella e Genova dell'Ismac", prosegue la ricercatrice, "abbiamo sviluppato una nuova metodologia analitica, che utilizza tecniche immunologiche basate su anticorpi monoclonali, comunemente usate in biologia e che permettono di riconoscere una certa sequenza di aminoacidi in una data proteina. La tecnica degli anticorpi monoclonali (sostanze prodotte in laboratorio che riconoscono sequenze specifiche della struttura primaria della cheratina e si legano a una sola proteina o antigene che diventa il loro obiettivo) rappresenta, dunque, un mezzo obiettivo per identificare piccole differenze nella struttura primaria di varianti proteiche isolate da mammiferi".
Anticorpi monoclonali "anti-kashmir" sono stati prodotti immunizzando topi con le proteine estratte dalle fibre di kashmir, purificate tramite elettroforesi bi-dimensionale preparativa: le cellule produttrici di anticorpi sono state sottoposte a fusione con cellule mielomatose per aumentare la loro velocità di crescita e sottoposte a screening.
La ricerca è stata brevettata e il Cnr detiene il 70% della proprietà, che per il 30% appartiene al Cashmere and camel hair manufacturers institute di Boston (Usa), consorzio che rappresenta in tutto il mondo i principali produttori e trasformatori di fibre, filati, tessuti e capi realizzati con kashmir e pelo di cammello. Missione del Ccmi - che ha finanziato la ricerca - è quella di promuovere, di tutelare l'immagine e di assicurare l'autenticità dei prodotti in pelo di cammello e kashmir. Tra i suoi compiti istituzionali, prevede il monitoraggio delle performances dei laboratori operanti nel settore e in dieci anni di attività ne ha selezionati dodici in tutto il mondo, ritenuti più affidabili: tra questi il laboratorio Ismac- Cnr di Biella.

Roma, 19 febbraio 2006

La scheda

Chi: Istituto per lo studio delle macromolecole (Ismac) del Cnr di Biella
Che cosa: metodologia analitica per riconoscere le fibre di kashmir
Per informazioni: Claudia Vineis, Ismac-Cnr tel. 015/8493043, Email c.vineis@bi.ismac.cnr.it

Ufficio Stampa Cnr: Maria Teresa Dimitri, tel. 06/49933443; Email mariateresa.dimitri@cnr.it

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