16/07/2001
COMUNICATO N. 77/2001
MISURATA PER LA PRIMA VOLTA L'EFFICACIA DELL'AGOPUNTURA.
I ricercatori milanesi scoprono i meccanismi cerebrali che stanno alla base dell'effetto benefico della "terapia con gli aghi". Attraverso la PET si chiarisce che la terapia si basa su effetti biologici e non sulla suggestione (effetto placebo).
E' stato scoperto da parte di un gruppo di ricercatori milanesi del CNR, dell'Università e del Istituto San Raffaele di Milano, diretti dal Prof. Ferruccio Fazio, che l'agopuntura attuata a scopo analgesico agisce attivando aree cerebrali analoghe a quelle che si attivano negli stati di dolore acuto e cronico. Secondo gli autori di questa importante scoperta l'azione analgesica dell'agopuntura è dovuta ad una complessa azione sui circuiti nervosi che verrebbero "ingannati" dall'agopuntura stessa e posti in uno stato funzionale incapace di sostenere la percezione del dolore. I risultati della ricerca, eseguita con Tomografia ad Emissione di Positroni (PET), tecnica che permette di rilevare gli stati funzionali del cervello di soggetti umani, sono pubblicati sul numero di luglio della rivista Neuroimage. Con questo risultato è stata ottenuta per la prima volta in assoluto una descrizione di effetti cerebrali dell'agopuntura usata a scopo analgesico ed una ipotesi teorica del suo funzionamento. L'agopuntura è una tecnica terapeutica diffusa per molti stati patologici. Attualmente, dopo anni di velato o palese ostracismo da parte della medicina ufficiale occidentale, sulla scorta dei risultati positivi ottenuti su un numero sempre crescente di pazienti che ad essa si sono affidati, l'agopuntura è stata accettata come tecnica terapeutica per alcune patologie. Il crisma dell'ufficialità è stato conferito in anni recenti anche da istituzioni di assoluto prestigio come il National Institutes of Health (NIH) statunitense, uno dei più famosi e avanzati centri di ricerca medico-biologica e di informazione medica pubblica del mondo. L'applicazione più importante dell'agopuntura, almeno nel mondo occidentale, è rappresentata dalla agopuntura antalgica o analgesica, cioè dalla applicazione come terapia contro i dolori persistenti o cronici. Permanevano però molti dubbi sulla reale efficacia di queste tecniche e per molti medici o studiosi l'agopuntura sfrutta semplicemente un effetto placebo, ovvero induce una corretta risposta terapeutica senza possedere alcuna proprietà terapeutica vera. Inoltre, la descrizione dei meccanismi d'azione dell'agopuntura presuppone la famigliarità e accettazione di concetti, quali energie o meridiani, che sfuggono nel loro profondo significato originale e mettono a dura prova sia il medico che il paziente di "cultura occidentale", che pure mostrino interesse per queste tecniche e terapie. Dati questi presupposti diviene di primario interesse, sia per una applicazione cosciente della tecnica nell'ambito della salute pubblica, sia per stabilire criteri di efficacia molto affidabili anche per un medico occidentale, chiarire se l'agopuntura possiede realmente un meccanismo di azione e se questo meccanismo possa essere rilevabile e misurabile oggettivamente. Il gruppo milanese ha potuto osservare sul cervello in un gruppo di volontari sani gli effetti di un tipo di agopuntura usata per curare dolori cronici. Alternando l'applicazione dell'agopuntura vera con un'agopuntura placebo, che induceva nei soggetti una identica sensazione, è emerso che in seguito all'applicazione dell' agopuntura vera si attivano alcune aree cerebrali in modo evidente e significativo (aree designate in termini tecnici come corteccia cingolata anteriore, corteccia insulare, corteccia frontale superiore e mediale, e cervelletto). Il dato più straordinario è la coincidenza che si riscontra tra le aree attivate dall'agopuntura e le aree che in altri studi condotti con la PET sono particolarmente attive in casi di dolori acuti e cronici. Quindi l'agopuntura, attivando le stesse aree cerebrali attivate durante uno stato di dolore, provoca una abolizione del dolore stesso.
Roma, 16 luglio 2001
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