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La settimana dei Nobel

07/10/2020

Ottobre, un mese da Nobel: è in corso, infatti, in questi giorni, l’assegnazione della prestigiosa onorificenza per chi si è distinto negli ambiti della medicina o fisiologia, fisica, chimica, economia, letteratura.

Per quanto riguarda la chimica, l’Accademia reale delle scienze di Svezia ha assegnato il premio a Emmanuelle Charpentier, direttore dell’Unità per la scienza dei patogeni dell’Istituto Max Planck di Berlino e professore onorario dell’Istituto di Biologia dell’Università di Humboldt e a Jennifer A. Doudna, professore di chimica, biochimica e biologia molecolare all’Università della California, Berkeley per “aver sviluppato un metodo di editing del genoma”.

“Le due studiose rappresentano il sesto ed il settimo Premio Nobel per la Chimica assegnato ad una donna negli oltre 100 anni di storia di questo importante riconoscimento di massimo prestigio”, commenta Lidia Armelao, chimico e direttore del Dipartimento di scienze chimiche e tecnologie dei materiali (Cnr-Dstcm). “Quest’anno, il Comitato di Stoccolma della Fondazione Nobel ha riconosciuto gli importanti contributi di queste due giovani scienziate nell’ambito di un tema di ricerca estremamente innovativo ed in rapido sviluppo quale è l’editing genetico.” Come spiega il direttore, “attraverso strumenti e metodi della chimica e della biochimica, le due scienziate hanno sviluppato una sorta di forbici molecolari o forbici genetiche CRISPR/Cas9 con cui è possibile modificare in modo estremamente controllato, preciso e mirato le sequenze di DNA permettendo quindi la correzione di errori genetici. Ci si può aspettare che questo abbia importantissime ricadute nell’ambito della medicina in particolare per la cura di malattie genetiche rare, tumori, malattie neurologiche, fino alle malattie infettive quali ad esempio il Covid, di grande attualità”.

Il Nobel per la fisica vede come protagonisti i buchi neri: il premio è stato conferito a Roger Penrose, Reinhard Genzel e Andrea Ghez.

Noto al pubblico per le numerose opere di divulgazione scientifica, Roger Penrose - professore emerito all’Istituto di Matematica presso l’Università di Oxford - si è aggiudicato metà del premio per aver scoperto che “la formazione dei buchi neri è prevista dalla teoria della relatività generale di Einstein”. Commenta Luciano Anselmo, fisico dell'Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione (Isti) del Cnr di Pisa e direttore Space Flight Dynamics Laboratory: “Penrose è una figura mitica nel campo della fisica e della matematica, ha investigato le conseguenze della relatività generale". E ha dimostrato come, man mano che il buco nero inghiotte materia, la sua densità al centro diventa infinita, raggiungendo quella che gli astrofisici chiamano "singolarità”.

Reinhard Genzel, ordinario di fisica all’Università della California (Berkeley) e direttore dell’Istituto per la fisica extraterrestre del Max Planck di Garching in Germania, condivide il Nobel assieme ad Andrea Ghez, professore di astrofisica nello stesso ateneo “per aver scoperto la presenza di un oggetto massiccio e compatto al centro della nostra galassia”. “I due scienziati”, continua Anselmo, "sono stati premiati aver fatto una scoperta osservando il moto delle stelle al centro della nostra galassia, un enorme buco nero". Genzel e Ghez hanno misurato le orbite delle stelle attorno ai nuclei delle galassie scoprendo che solo un buco nero può determinare tali orbite, e che questo deve essere in rotazione.

Il Nobel per la medicina o fisiologia è stato assegnato dal Comitato del Karorlinska Institute a Harvey J. Alter, Michael Houghton and Charles M. Rice per “la scoperta del virus dell’Epatite C”.

Michael Houghton, direttore dello Li Ka Shing Applied Virology Institute e professore del Dipartimento di microbiologia medica e immunologia dell’Università di Alberta (Edmonton, Canada), ha condotto le sue ricerche in virologia ed immunologia nell’ambito della vaccinazione HCV e per sviluppare terapie anti-virali e anti-cancro. Charles M. Rice, professore di Virologia al Maurice R. and Corinne P. Greenberg Foundation e capo del Laboratorio di virologia e malattie infettive alla Rockefeller University di New York, ha lavorato sulla biogenesi e struttura delle proteine codificate dal virus dell’epatite C sviluppando sistemi per l’indagine del virus al fine di valutare terapie antivirali. Harvey J. Alter, del National Institute of Health Clinical Center, ha dedicato la sua carriera allo studio delle epatiti virali scoprendo negli anni ’70 una forma cronica di epatite diversa da quelle già note - la A e la B - e fornendo le basi scientifiche per gli screening di controllo nelle donazioni del sangue, per la diagnostica e la terapia nell’epatite C. Come spiega Giovanni Maga, biologo e genetista, direttore dell’Istituto di genetica molecolare “Luigi Cavalli Sforza” di Pavia (Cnr-Igm): “La scoperta del virus è stata fatta prima identificandone il materiale genetico con le tecniche di biologia molecolare che, a quell'epoca, erano rivoluzionarie. Grazie a questa scoperta siamo riusciti a mettere a punto farmaci specifici anche per i pazienti che non rispondevano alle terapie convenzionali. Quindi, un premio Nobel più che meritato”.

 

Per informazioni: 

Lidia Armelao, direttore Cnr-Dsctm, tel. 06/49937765, e-mail: direttore.dsctm@cnr.it

Luciano Anselmo, Cnr-Isti, e-mail: luciano.anselmo@isti.cnr.it

Giovanni Maga, direttore Cnr-Igm, tel. 0382/546322, e-mail: direttore@igm.cnr.it 

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