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Restauri in Abruzzo nel XX secolo: dal terremoto del 1915 all'attuale 'ricostruzione' post sismica

13/06/2018

Locandina seminario
Locandina seminario

Il seminario ha fornito una riflessione sugli esiti attuali del restauro in Abruzzo nel XX secolo, a partire dalla ricostruzione post-sismica (e post bellica) dopo il terremoto del 1915 e proseguendo con l’illustrazione di alcuni casi che mostrano l’evoluzione della riflessione critica e degli approcci pratici in materia di restauro, fino all’attuale ricostruzione dopo il sisma del 2009.

I controversi restauri del soprintendente Mario Moretti in Abruzzo negli anni 1966-72 sono stati oggetto di aspre critiche a livello nazionale ma anche di plausi incondizionati, i cui echi sono sorprendentemente vivi ancora oggi in taluni esponenti della cultura locale e in una parte non trascurabile della popolazione. A distanza di oltre quaranta anni dal noto intervento del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che interruppe i lavori in corso nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, si vuole oggi riflettere non solo sulle conseguenze tangibili del famigerato ripristino (che presumibilmente ha contribuito al crollo verificatosi nel 2009) ma soprattutto sull’indirizzo metodologico che ha guidato quei restauri.

Ne risulta che l’eclatante vicenda del restauro di Santa Maria di Collemaggio non fu affatto un episodio isolato, ma solo il caso più noto di un atteggiamento molto diffuso. Vengono infatti evidenziati molti elementi di continuità con i restauri eseguiti in precedenza; questi persistono in interventi compiuti successivamente, anche in tempi recenti, fino alla ricostruzione attualmente in corso.

È sorprendente la continuità con cui si è operato, in Abruzzo, per oltre un cinquantennio, senza che il parallelo evolversi della teoria, né le esperienze compiute, abbiano portato ad apprezzabili ripensamenti concettuali e metodologici.

Inoltre, dal punto di vista della documentazione, sembra di osservare oggi una minore propensione a documentare i lavori eseguiti, come pure i rinvenimenti in corso d’opera; in questo senso le pubblicazioni di Moretti, per quanto schematiche, rimangono una preziosa testimonianza di configurazioni storiche andate perdute, nonché di un approccio al restauro caratteristico di un’epoca ormai lontana, che tuttavia in Abruzzo stenta a rinnovarsi.

È innegabile, infatti, che gli auspici di “ritorno all’antico splendore” continuino ad essere ovunque ancora frequenti, soprattutto (ma non solo) dopo il terremoto del 2009, palesando una sorprendente inconsapevolezza riguardo alle stratificazioni costruttive e alla storia conservativa degli edifici, particolarmente significativa in una terra devastata periodicamente da numerosi terremoti.

In sintesi, mentre la ricostruzione dopo il terremoto del 1703 fu compiuta con tecniche tradizionali aggiornate con accorgimenti antisismici e, dal punto di vista figurativo, documentava se stessa in quanto condotta con un linguaggio chiaramente contemporaneo (ma tali «sovrastrutture barocche» furono generalmente disprezzate in seguito, fino a tempi recenti); non altrettanto si può dire delle ricostruzioni successive. Infatti la ricostruzione post 1915, attuata perlopiù nel secondo dopoguerra fu compiuta con tecnologie moderne e con esiti spesso falsificanti, poiché si suppose di poter ricostruire su nuovi edifici in c.a. ricollocando elementi di pregio spesso con reinterpretazioni del tutto arbitrarie.

Per informazioni:
Caterina Giannattasio
Università degli Studi di Cagliari
Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura
via Santa Croce 59 - Cagliari