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Il progetto europeo EDEN-ISS: verso nuove metodologie di coltivazione in condizioni ambientali estreme

23/05/2018

Logo EDEN ISS
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La scienza sta compiendo piccoli ma significativi passi in avanti verso una 'agricoltura' autosufficiente che potrebbe garantire all’uomo, in futuro, l’opportunità di coltivare in maniera del tutto autonoma alimenti di buona qualità anche nelle basi permanenti sulla Luna o su Marte. Questo è l’ambizioso obiettivo del progetto Europeo 'Eden-ISS: Ground Demonstration of Plant Cultivation Technologies for Safe Food Production in Space', finanziato dal programma Horizon 2020 e che terminerà alla fine del 2018. Il progetto è coordinato da DLR, Agenzia Spaziale Tedesca, e tra i 13 membri del partenariato emerge il forte contributo italiano con la partecipazione del Consiglio nazionale delle ricerche e di quattro aziende del nostro paese. Il Dr. Alberto Battistelli, Ibaf-Cnr e la Dr.ssa Filomena Nazzaro, Isa-Cnr, membri del consorzio EDEN-ISS, ci spiegheranno meglio gli obiettivi, i risultati raggiunti e le aspettative future di un progetto che contribuisce senz’altro a dare una importante svolta nel settore aerospaziale ma soprattutto offre nuove soluzioni per la salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile sulla terra.

Dr. Battistelli, qual è l’obiettivo principale del progetto?

EDEN-ISS è un progetto europeo dedicato alla coltivazione e allo studio delle specie orticole in condizioni di isolamento ambientale ed è finalizzato alla rigenerazione di risorse vitali e produzione di cibo nelle missioni spaziali. Si prevede, in altre parole, lo sviluppo di sistemi e di tecnologie essenziali per la coltivazione di piante superiori, adatti per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e, nel lungo periodo, sulla Luna o addirittura su Marte.

Quali sono le principali tecnologie che verranno utilizzate?

Il Consorzio EDEN-ISS sta testando nuove metodologie di coltivazione in ambiente controllato (CEA). Un set è assemblato all’interno di un modulo internazionale standard (ISPR) che potrà essere 'spazializzato' per prove a bordo della ISS. La Future Exploration Green house (FEG), di più grandi dimensioni, dovrebbe evolvere come elemento da inserire nei sistemi biorigenerativi per basi lunari o marziane. Ad oggi stiamo testando queste nuove tecnologie in Antartide, vicino alla stazione tedesca Neumayer III, gestita dall’istituto Alfred Wegener, per valutare la loro efficacia ed efficienza in primis in condizioni ambientali estreme. L’obiettivo futuro è di passare ad una fase di test nello spazio.

Dr.ssa Nazzaro, quale è il contesto scientifico nel quale si sviluppano le vostre ricerche?

I piani di esplorazione dello spazio richiedono lo sviluppo dei cosiddetti 'sistemi di supporto vitale bio-rigenerativo - BLSS' in grado di potersi inserire integralmente nell’habitat della Luna, ad esempio, o su Marte e di poter funzionare in maniera efficace, per generare risorse essenziali per gli esseri umani attraverso processi biologici. Tenendo in considerazione questi aspetti, le piante superiori rappresentano un patrimonio fondamentale per l’umanità in qualsiasi ambiente ci si trovi. La coltivazione in ambienti chiusi e particolari (come nello spazio o in ambienti estremi) ha bisogno di tecnologie diverse e 'impegnative' dal punto di vista scientifico e ingegneristico, soprattutto quando l’area a disposizione è ridotta, come nel caso di una stazione spaziale. Inoltre pensiamo al ruolo fondamentale che avrebbero delle colture fresche per gli astronauti durante lunghe missioni: potrebbero trarne un grande beneficio sia in termini di salute, sia per lo status fisiologico e psicologico dell’organismo.

Dr. Battistelli, che cosa si intende per coltivazione in ambiente controllato e che caratteristiche hanno queste serre?

L’ambiente spaziale non è adatto alla vita. Dobbiamo ricreare le condizioni di pressione, temperatura, composizione dell’atmosfera, luce, disponibilità di acqua e nutrienti minerali affinché le piante possano svolgere le funzioni a cui siamo abituati sul nostro pianeta: produrre cibo e ossigeno, consumare l’anidride carbonica, purificare l’acqua e rendere disponibili i sali minerali per la nostra alimentazione. Oltre a questo devono migliorare l’ambiente e renderlo più gradevole con le loro forme, colori e odori: sembra banale ma lo spazio è un ambiente molto stressante e alieno, ricreare sembianze terrestri è importantissimo per il benessere psicofisico degli astronauti. La struttura posizionata in Antartide (il Mobile test facility) si compone di due container, al cui interno si trovano due 'serre' chiuse ad ambiente controllato. La più grande – Future Exploiration Greenhouse – è una riproduzione della serra che si intende utilizzare per le basi extra-terrestri. In questo ambiente controllato, le lampade al Led raffreddate ad acqua hanno le stesse funzioni che il sole svolge in natura e siamo in grado, anche grazie alle tecnologie di controllo ambientale sviluppate da Arescosmo, una PMI del Lazio, di modulare la quantità e lo spettro di luce, la temperatura e la pressione parziale di CO2, nonché l’umidità, stimolando così la naturale fisiologia della pianta a produrre alimenti arricchiti di elementi utili alla nutrizione degli astronauti.

La seconda serra 'Rucola' – Rack like Unit for Consistent On-orbit Leafy crops Availability), più piccola, è studiata per garantire verdura fresca durante i viaggi spaziali in assenza di gravità. E’ stata progettata da Thales Alenia Space ed è praticamente pronta per la 'spazializzazione' e per essere poi installata sulla ISS. In questo caso le piante verranno coltivate in condizioni di microgravità, grazie alla permanenza in orbita della ISS. Tutto il sistema potrebbe essere già testato nello spazio dopo il 2024 anche se riteniamo che dovremo affrontare difficoltà maggiori rispetto all’Antartide.

Dr. Battistelli, qual è il ruolo del Cnr nel progetto?

I due Istituti Ibaf e Isa si stanno occupando rispettivamente della qualità e della sicurezza dei prodotti vegetali coltivati durante la campagna di prove in Antartide. I laboratori Ibaf in particolare stanno focalizzando le attività sulla caratterizzazione dei componenti principali degli alimenti prodotti dal progetto. Le colture che abbiamo testato sono infatti anche saporite e nutrienti. Uno dei nostri compiti è stato proprio quello di spingere le piante a produrre di più e con maggiore qualità. Manovrando le variabili, luce, acqua, anidride carbonica e soluzioni nutritive possiamo ottenere con diverse specie e varietà, prodotti ricchi di antiossidanti, vitamine e prebiotici.

I Laboratori Isa 'Biochimica degli alimenti' e 'Biotecnologie degli alimenti', grazie alle attività coordinate dalla Dr.ssa Filomena Nazzaro, contribuiranno all’analisi della sicurezza alimentare e allo sviluppo dei protocolli di sicurezza da utilizzare sia per la stazione antartica sia, in futuro, per l’esplorazione dello spazio.

In particolare, aggiunge la Dr.ssa Nazzaro, utilizzando specie vegetali acquistate in loco o coltivate presso le camere climatiche dell’Ibaf di Porano stiamo individuando alcune procedure semplici di monitoraggio della carica microbica presente sui vegetali cresciuti in Antartide. A tale scopo abbiamo testato alcune procedure di analisi microbiologica, che prevedono l’uso di piastre di coltura già approntate contenenti terreni cromogeni, che permettono la visualizzazione contemporanea di più generi/specie microbiche sulla stessa piastra. Abbiamo inoltre utilizzato e quindi suggerito agli operatori l’uso di un sistema di coltura microbica in brodo, messo a punto da una azienda romana, che permette di valutare, dall’eventuale cambiamento di colore del brodo di coltura, la possibile presenza di microrganismi, inserendo direttamente pochi grammi della matrice vegetale nelle provette. Le metodiche sono estremamente semplici per favorire e facilitare il lavoro dei ricercatori che sono attualmente presenti in Antartide. Stiamo inoltre sviluppando metodologie di sanitizzazione dei prodotti orticoli che vengono coltivati in loco per consentirne il consumo diretto da parte degli scienziati in tutta sicurezza. Siamo in attesa dei campioni che torneranno dall’Antartide a fine 2018 per individuare l’eventuale presenza di alcune specie microbiche (Coliformi, E coli, Listeria, Salmonella, ecc), allo scopo di valutare l’influenza delle diverse condizioni ambientali sulla crescita di questi microrganismi.

Dr.ssa Nazzaro, quali sono stati i risultati ottenuti ad oggi dal progetto?

Durante il 2018 sono state avviate le coltivazioni nelle serre direttamente in Antartide e ad oggi possiamo riscontrare degli ottimi risultati: sono stati raccolti, infatti, 3.5 kg di insalata verde, 18 cetrioli, 70 ravanelli e un buon numero di pomodori. Altre cassette seguiranno nei prossimi mesi, quando arriveranno anche peperoni, rucola, spinaci, basilico e fragole. Durante la fase iniziale, in inverno, le dieci persone che abitano la stazione hanno anche simulato un’eventuale scenario di missione marziana e hanno diversificato la propria dieta in base al raccolto fornito dalla serra. In estate poi – quando gli scienziati e i tecnici della stazione di ricerca saliranno a 50 individui – il compito il MTF sarà puntare sulla quantità e integrare i rifornimenti che progressivamente arriveranno.

Dr. Battistelli, qual è il valore aggiunto di queste serre?

Oltre alla stimolazione della fisiologia delle piante verso la produzione di alimenti funzionali, l’intero ciclo produttivo di queste serre–non-serre è centrato sul riuso delle risorse, perché nello spazio la produzione di alimenti si inserirà in un ciclo virtuoso di scambio tra umani e vegetali. Le piante producono alimenti e ossigeno consumando anidride carbonica, mentre gli astronauti consumano ossigeno e producono CO2 oltre a mangiare i prodotti delle piante. E’ di fondamentale importanza poi il particolare sistema di recupero dell’acqua, che viene costantemente riciclata. In sostanza, l’unica acqua che esce dalla serra è quella che si è 'accumulata' nel vegetale: il resto viene trattato e riutilizzato per le piante stesse. Grazie alla temperatura controllata, alla elevata concentrazione di CO2, e all’utilizzo di soluzioni nutritive ottimali fornite con un sistema aeroponico (le radici sono costantemente umettate dalla soluzione nutritiva che viene nebulizzata nel comparto che contiene l’apparato radicale), le piante coltivate in EDEN ISS crescono molto velocemente, così da permettere una abbondante produzione e una rapida successione delle specie coltivate per garantire una dieta varia e nutriente al personale della base antartica e in futuro agli astronauti.

Dr.ssa Nazzaro, queste nuove tecnologie avranno un impatto solo nello spazio o anche sulla Terra?

Le tecnologie che stiamo testando avranno sicuramente un fortissimo impatto anche sui sistemi agricoli terrestri.

Basta pensare che solo per l’agricoltura viene impiegato circa il 70% dell’acqua utilizzata per scopi antropici. Nel sistema che stiamo utilizzando in Antartide tutta l’acqua rilasciata dalle piante attraverso la traspirazione viene ri-condensata e rimessa in circolo. Se questa metodologia fosse replicata nei milioni di ettari coltivati a serre sulla Terra avremmo enormi risparmi idrici. Il sistema permetterebbe inoltre un notevole risparmio in termini di fertilizzanti e di evitare il contatto dei patogeni con le colture rendendo inutili i trattamenti antiparassitari. Il limite ad oggi per l’applicazione delle nuove tecnologie in ambiente terrestre è che per garantire sostenibilità e un’impronta ambientale positiva è necessaria energia rinnovabile.

Il Progetto EDEN-ISS volge lo sguardo al Cielo, quindi, ma soprattutto sviluppa azioni volte a trovare nuove soluzioni per salvaguardare l’ambiente che ci circonda e a promuovere uno sviluppo sostenibile delle produzioni, con particolare attenzione alle preziosissime, ma limitate, risorse naturali terrestri.

A cura di Federica Tenaglia
Cnr - Dipartimento Agroalimentare
Piazzale Aldo Moro 7, 00185 Roma
federica.tenaglia@cnr.it
Tel. +39 06/49937841

 

Per informazioni:
Alberto Battistelli
Istituto di biologia agro-ambientale e forestale (Ibaf) Cnr
Via Guglielmo Marconi, 2 - 05010 Porano (TR)
alberto.battistelli@ibaf.cnr.it
+39 0763 374910
Filomena Nazzaro
Istituto di scienze dell'alimentazione (Isa) Cnr
Via Roma, 64 - 83100 Avellino (AV)
Tel. +39 0825 299102
E-mail: filomena.nazzaro@isa.cnr.it

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