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Comprensione e mitigazione dei rischi climatici nel Sahel: Il Cnr e il progetto Anadia 2.0

16/01/2018

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Anadia 2.0 – Progetto di adattamento ai cambiamenti climatici, prevenzione dei disastri e sviluppo agricolo per la sicurezza alimentare, è un programma di formazione e ricerca per lo sviluppo co-finanziato dalla Agenzia Italiana per la  cooperazione allo sviluppo (Aics), con l’obiettivo di rafforzare le capacità nazionali e locali dei servizi tecnici del Niger per l’integrazione dell’adattamento al cambiamento e la riduzione del rischio climatico nelle strategie settoriali, nella pianificazione locale e nelle buone pratiche di gestione del territorio. Il progetto vede la partecipazione dell’istituto di Biometeorologia del Cnr in collaborazione con il Politecnico e l’Università di Torino ed il Servizio meteorologico del Niger.

Vieri Tarchiani, ricercatore e referente del progetto per l’istituto di Biometereologia del Cnr ci illustra in maniera più dettagliata gli obiettivi e il contesto nel quale si inseriscono le attività.

Anadia 2.0 rappresenta la seconda fase del progetto Anadia , implementato dal 2013 al 2016 e volto a rafforzare le capacità dei differenti attori al livello nazionale, regionale e locale al fine di introdurre l’adattamento al cambiamento climatico e la vulnerabilità alle catastrofi attraverso la pianificazione e la gestione territoriale. Con quale approccio verrà sviluppata la seconda fase del progetto?

Anadia si basa sull’ integrazione di due approcci, top-down e bottom-up, al fine di massimizzare il contributo delle tecniche moderne di analisi del clima, il telerilevamento a media ed alta risoluzione e l’analisi spaziale con Gis, con la valorizzazione della conoscenza locale e la percezione del rischio. I risultati ottenuti nella prima fase del progetto indicano che è possibile ridurre sensibilmente il rischio, lavorando soprattutto sulla prevenzione assieme alle comunità locali. E’ fondamentale, quindi, attuare azioni di intervento diretto per ridurre gli effetti di alcuni eventi estremi come le inondazioni attraverso, ad esempio, il recupero delle terre degradate, piantando alberi, utilizzando pratiche agronomiche sostenibili, ma anche evitando di costruire nelle zone più vulnerabili e sviluppando sistemi efficaci di allerta.

Perché è stato selezionato proprio il Niger come zona di intervento?

Il Niger è una dei paesi più poveri del Sahel. La maggior parte della popolazione è concentrata nella zona meridionale del paese, con un clima più propizio all’agricoltura, mentre tutto il resto del territorio rimane per lo più desertico e poco abitato. In particolare le attività del progetto si concentrano nella zona occidentale, nelle regioni di Tillaberì e Dosso, che sono state negli ultimi anni particolarmente esposte ad inondazioni e fenomeni di siccità. Le tendenze climatiche delle ultime decadi mostrano per il Sahel un moderato incremento della pluviometria e una intensificazione degli eventi meteorologici con conseguente concentrazione di forti piogge in poco tempo. La siccità e la pressione antropica hanno causato una progressiva degradazione dei suoli e della vegetazione, motivo per il quale la pioggia non viene assorbita dal terreno in maniera adeguata e ruscella a valle causando allagamenti nelle campagne e nelle città. I dati di tali fenomeni sono allarmanti; si parla, dal 2000 ad oggi, di un aumento del 300% di questi eventi e del 600% di persone che hanno subito ingenti danni, soprattutto nelle zone rurali.

L’incremento della pluviometria non aiuta a ridurre gli effetti della siccità?

Tutt’altro. La siccità continua a minacciare la produzione agricola in quanto la cattiva distribuzione delle piogge durante la stagione agricola e sul territorio rappresenta un rischio continuo e crescente per i piccoli produttori rurali. In un paese dove la maggior parte della popolazione vive di agricoltura, siccità e inondazioni sono tra le maggiori cause di povertà, di insicurezza alimentare e anche dei flussi migratori sia verso le città, sia fuori dal continente.

Il governo Nigeriano si è dimostrato particolarmente sensibile alle problematiche citate.

Si, il progetto ha trovato un terreno politico particolarmente favorevole. Contestualmente al lancio della prima fase di Anadia il presidente della Repubblica, Issoufou Mahamadou, si era già fatto promotore dell’iniziativa 3N « les Nigériens nourrissent les Nigériens », che mira a definire un programma di investimenti strutturali con una impostazione multisettoriale (sviluppo rurale, nutrizione, istruzione) e multi-stakeholder basata sulla comunità e concentrata sull'aumento della produzione agricola, l'accesso ai mercati, la resilienza e la riduzione della malnutrizione.

Il progetto vede tra i partner anche la Dmn, Direzione nazionale della meteorologia del Niger, e tra i beneficiari sono coinvolte le amministrazioni locali, regionali e nazionali del paese. Che ruolo ricoprono le istituzioni politiche nigeriane all’interno del progetto?

Fondamentale. Nel Sahel il cambiamento climatico è sotto stretta osservazione ma le conoscenze a macro-scala sono di scarsa utilità in quanto tale fenomeno, a causa del decentramento amministrativo, deve essere affrontato dalle autorità locali. Le analisi e le previsioni a scala regionale e locale sono scarse, ma giocano un ruolo fondamentale per agevolare le autorità locali nel definire piani di adattamento basati sulla conoscenza delle tendenze attuali e sulle previsioni future. Lo sviluppo sostenibile richiede una riduzione del rischio di catastrofi con l'adattamento ai cambiamenti climatici e il rafforzamento della capacità produttive. Come indicato da Wmo e Unisdr, questo vuol dire stimolare una cultura di resilienza e prevenzione, attraverso il rafforzamento delle capacità e la fornitura di prodotti e servizi climatici per la riduzione del rischio di catastrofi in tutti i settori socioeconomici.

In cosa consiste la riduzione del rischio?

Consiste principalmente in concetti e pratiche per ridurre l'esposizione e la vulnerabilità dei cittadini e delle proprietà, attraverso la gestione razionale del territorio e dell’ambiente e il miglioramento della preparazione preventiva al rischio. Le amministrazioni nigerine avranno un ruolo chiave nella formazione e assistenza tecnica, nel supporto allo sviluppo sostenibile e nel decentramento dello sviluppo locale.

Attraverso quali strumenti operativi si prevede di raggiungere gli obiettivi prefissati?

Gli obiettivi saranno raggiunti attraverso applicazioni specifiche per la siccità e le inondazioni, quali: servizi agrometeorologici ai produttori e quindi lo sviluppo di nuovi meccanismi di comunicazione e collaborazione tra produttori, servizi tecnici (locali e centrali) e radio rurali per aumentare la resilienza dei piccoli produttori agricoli verso il rischio di siccità; sistema di allerta locale per le inondazioni sulla Sirba (Slapis), contro il rischio di inondazioni. Questa attività ha l'obiettivo di promuovere cambiamenti decisionali a livello di comunità - da reattivo a proattivo – attraverso la creazione di un sistema comunitario di allerta precoce che integra previsioni e osservazioni delle alluvioni su uno dei principali affluenti del fiume Niger. Inoltre il rafforzamento delle capacità sarà raggiunto attraverso la formazione e adattando la struttura del programma per il trasferimento di conoscenze a più livelli, attraverso uno scambio continuo e un meccanismo a cascata che permetta la formazione dei formatori ampliando gradualmente la base dei beneficiari. La formazione sarà accompagnata dall'applicazione di casi di studio a livello regionale e locale per affinare gli strumenti metodologici e analitici.

Come affermato dall’Ambasciatore italiano in Niger durante la cerimonia di apertura del lancio delle attività della seconda fase del progetto “siamo coscienti che la lotta contro l’immigrazione irregolare è difficile ed impopolare”. “E’ necessario – continua – offrire delle alternative economiche legali soprattutto per coloro che sono stati colpiti da misure repressive, dato il forte legame che esiste tra sicurezza, migrazione e sviluppo”. Per tali motivi la lotta ai cambiamenti climatici rappresenta uno degli obiettivi principali che ha caratterizzato, e lo farà anche in futuro, la cooperazione tra Italia e Niger.

 

A cura di Federica Tenaglia

Contatto per maggiori informazioni:

Dott. Vieri Tarchiani

Consiglio Nazionale delle Ricerche,

Dipartimento di Scienze bio-agroalimentari,

Istituto di biometeorologia, Firenze

Tel +39 0553033734       

E-Mail v.tarchiani@ibimet.cnr.it

Per informazioni:
Federica Tenaglia
Cnr - Dipartimento agroalimentare
P.le Aldo Moro, 7 00185 Roma
federica.tenaglia@cnr.it

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