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Luca Serianni: il suo contributo all'avvio del Cnr-Ovi

22/07/2022

Luca Serianni
Luca Serianni

“La scomparsa di Luca Serianni ha lasciato attoniti e addolorati tutti coloro che l’hanno frequentato anche solo per qualche ora in un incontro pubblico o sui banchi dell’Università. Non era necessario conoscere a fondo Serianni per percepire quanto la sua enorme e profonda cultura e le sue competenze tecniche di linguista e filologo fossero inscindibili da doti umane non comuni. Spetterà a chi ha avuto con lui più stretti e duraturi rapporti professionali, che erano sempre anche rapporti di amicizia, tracciare un profilo adeguato dello studioso e dell’uomo.

Io non potrò che mettere in rilievo solo alcuni aspetti di una figura che non esito a definire eccezionale, sul piano umano prima ancora che professionale. Per di più farò il contrario di ciò che uno studioso dovrebbe fare, e che Serianni sempre e meticolosamente faceva: esprimermi dopo essermi documentato, evitando di dare troppo spazio all’emotività e alla personalizzazione. Non posso farlo per ragioni di tempo, non voglio farlo perché mi sentirei ancor più inadeguato.

Le affabili modalità comunicative di Serianni, i suoi modi pacati e autorevoli, la straordinaria capacità che appartiene a pochi studiosi di fare apparire semplici e chiare nozioni ostiche e complesse, erano certamente il riflesso del suo dominio delle discipline che professava; ma chiunque percepiva che il suo afflato comunicativo era un impegno assoluto e primario, che la trasmissione della conoscenza era il primo dei suoi pensieri. Lo testimoniano i suoi allievi, gli studiosi affermati che occupano cattedre universitarie e più giovani docenti e ricercatori, come i tanti studenti che affollavano i suoi corsi alla Sapienza e che ambivano a laurearsi con lui, o comunque a fare un buon esame. Sono certo che tutti i ritratti che leggeremo in questi giorni insisteranno, e assai meglio di quanto possa aver fatto io, su questi aspetti, che tuttavia non si possono tacere, perché sono il presupposto di ogni altro discorso.

Le competenze di Serianni spaziavano dalla linguistica alla filologia alla storia culturale con esiti di valore assoluto: impossibile ricordare tutti i suoi contributi più rilevanti, da quelli più istituzionali, ai più specialistici che hanno influenzato e indirizzato generazioni di studiosi, alla manualistica universitaria, alle grammatiche e i dizionari, fino a una peculiare forma di divulgazione, a cui si dedicava con passione che definirei civile: perché come i veri studiosi era convinto che l’alta cultura dovesse uscire dalla aule universitarie e dalle sedi della disseminazione accademica ed entrare in un circolo più ampio, perché la società potesse migliorare.

Mi piace ricordare il suo interesse per l’errore, che non era mai lo spunto per una sterile indignazione, ma oggetto di studio, una porta mediante la quale si poteva accedere a una più piena comprensione delle cose. Indimenticabili le pagine del suo Parola di Dante (il Mulino, 2021) sulla deformazione in «Ch’ella mi fa tremar le vene ai polsi»  del celebre verso dantesco «Ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi» nel primo canto dell’Inferno, dove a tremare sono, insieme con vene, anche le arterie (i polsi), ridotte nella deformazione al luogo del tremore.

In questa sede va ricordato il ruolo che Serianni ebbe nel CNR: so di omettere rapporti importanti, ma dovrò limitarmi a evocare quel che ho vissuto nell’esperienza diretta, e perciò nel mio Istituto. Serianni ebbe un ruolo determinante quando l’impresa che dà il nome all’Opera del Vocabolario Italiano venne concretamente avviata. A lui, che negli anni ’90 del secolo scorso sedeva nel Consiglio Scientifico dell’Istituto, l’allora direttore dell’OVI Pietro Beltrami sottopose le prime voci del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, e fu il suo avallo a convincerlo che la strada intrapresa era quella giusta. Il costante apprezzamento nei confronti del nostro lavoro, manifestato in sedi pubbliche e private, l’utilizzo stesso che delle voci del vocabolario o delle occorrenze della banca dati che lo alimenta faceva nei suoi lavori, sono valse a convincerci, più della VQR o di qualunque altra valutazione, che il nostro era un lavoro scientificamente affidabile e utile alla comunità scientifica. Le imprese lessicografiche di lungo periodo possono attraversare momenti di stanca e necessitano, ogni tanto, di stimoli: le menzioni di Serianni delle risorse dell’OVI (ne ricordo una recente, sul «Corriere della Sera» del 5 dicembre scorso, a margine di un discorso sulla nuova edizione italiana della Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti di Gerhard Rohlfs) possedevano questo potere rivitalizzante.

Ma è bene che esca dal recinto di casa e ricordi che Serianni ha partecipato ad altri aspetti essenziali della vita dell’Ente, come le commissioni di concorso e i momenti valutativi, e i convegni organizzati negli istituti e nella sede centrale. Ricordo l’ultimo cui partecipò, lo scorso 4 maggio, quando in Sala Marconi lo affiancammo nella giornata dedicata a Tullio De Mauro, altro maestro della linguistica che ha lasciato un segno profondo nella cultura italiana. In quell’occasione Serianni prese spunto dal capolavoro di De Mauro Storia linguistica dell’Italia Unita per fare un discorso ampio e articolato ma di esemplare chiarezza su alcune e particolari modalità epistolari, funzionale a delineare un quadro generale di grande finezza. E proponendo in alcuni momenti quegli spunti di intelligente ironia che costituivano una delle sue più memorabili caratteristiche.

Ecco, non trovo di meglio per chiudere questo inadeguato ricordo, di questa immagine leggera e sorridente. Com’era Luca Serianni: profondamente colto e scientificamente rigoroso, ma sempre in un modo leggero e sorridente".

Per informazioni:
Paolo Squillacioti
CNR-Istituto opera del vocabolario italiano
squillacioti@ovi.cnr.it

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