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Cappelle Medicee, dopo trent'anni il bio-restauro dell'opera di Michelangelo

09/06/2021

Rinasce a nuova vita, dopo l'opera di biopulitura, la Sagrestia Nuova delle Cappelle Medicee, il gioiello che Michelangelo realizzò tra gli anni Venti e Trenta del Cinquecento su commissione dei papi Medici Leone X e Clemente VII, e che lasciò incompiuto nel 1534 partendo per Roma e l’odissea della Cappella Sistina. L’ultimo intervento di manutenzione risale a oltre trent'anni fa, al 1988. 

Per la prima volta, sui capolavori scultorei di Michelangelo, è stata sperimentata una tecnica di biopulitura che usa dei ceppi batterici per rimuovere in sicurezza le macchie dal marmo, in grado di rimuovere selettivamente depositi di varia origine, senza influenzare con la loro azione il materiale primario. L'enorme capacità metabolica dei batteri costituisce fin dagli anni ‘80 la nuova frontiera del bio-restauro, eseguito, in questo caso, selezionando i tre migliori ceppi batterici e applicandoli sui punti interessati con impacchi di un gel, rimosso facilmente una volta "mangiato" tutto lo sporco.

Al team del restauro - una squadra tutta al femminile, guidata da Monica Bietti, responsabile delle Cappelle Medicee, e composta dalle restauratrici Daniela Manna e Marina Vincenti, Anna Rosa Sprocati e Chiara Alisi dell’Enea, l’agenzia per le nuove tecnologie - hanno collaborato Donata Magrini, Barbara Salvadori e Silvia Vettori, ricercatrici dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ispc), sede di Firenze. 

I lavori di restauro, cominciati nel 2013 e intensificati tra il 2016 e il 2020 grazie a nuovi fondi ministeriali, hanno interessato sia la parte architettonica che scultorea della sagrestia e sono stati eseguiti con i ceppi batterici in grado di rimuovere i depositi del tempo. In particolar modo, il team di restauratrici si è occupato di eliminare le macchie sul sarcofago di Lorenzo duca d’Urbino, della spolveratura, di una nuova illuminazione, e di rimuovere dalle statue e dalle parti decorative i residui delle sostanze che in passato, già dal Cinquecento e fino all’Ottocento, sono state usate per eseguire i calchi destinati alle accademie e ai musei del mondo. 

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