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Primatologi e archeologi danno vita a una nuova disciplina per lo studio dei primati

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Fino a poco tempo fa si riteneva che l’archeologia fosse la scienza delle culture umane antiche, dedita alla scoperta e all’analisi dei manufatti dei nostri progenitori. Invece, un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature è destinato a rivoluzionare questa visione, estendendo l’approccio archeologico anche allo studio delle attività di uso, costruzione e accumulo di strumenti nei primati non umani, le specie animali a noi evolutivamente più vicine.
Lo studio degli elementi caratteristici della tecnologia litica, dalla scelta della materia prima ai metodi di scheggiatura alle tradizioni culturali dei diversi gruppi, unisce primatologi e archeologi in un campo di ricerca definito «archeologia dei primati». Questa nuova disciplina nasce dal presupposto che, qualunque organismo accumuli o modifichi materiali durevoli come la pietra, lascerà una traccia sotto forma di reperto archeologico. Sarà così possibile fornire per la prima volta un quadro comparativo per la comprensione del contesto biologico, ambientale e sociale che ha favorito l’evoluzione comportamentale dei primati. In questo ambito è stato avviato il progetto internazionale Pounding Working Group, che avrà lo scopo di comparare il comportamento di uso di strumenti, in particolare di percussori per rompere noci e altri alimenti duri, in scimpanzè, cebi e ominini. È noto, infatti, che, dall’analisi delle pietre scheggiate prodotte dai nostri progenitori e dal tipo di fratture che presentano, sia possibile risalire al loro grado di destrezza motoria e comprenderne le capacità cognitive. Primi tentativi di applicazione pratica dei metodi dell’archeologia dei primati sono attualmente in corso in Guinea sugli scimpanzè e in Brasile sui cebi. Combinando le classiche tecniche d’indagine archeologica per l’analisi dei manufatti con l’osservazione del comportamento spontaneo di individui allo stato selvatico si potrà valutare in che misura i primati non umani siano selettivi nella loro scelta di materiali da usare come strumenti. Mentre la comparazione tra i reperti ossei dei nostri progenitori e gli scheletri dei primati attuali darà modo di comprendere quali caratteristiche anatomiche abbiano permesso l'acquisizione del comportamento di uso di strumenti tanto nei primati attuali quanto in quelli estinti.

Authors: M. Haslam, A. Hernandez-Aguilar, V. Ling, S. Carvalho, I. de la Torre, A. DeStefano, A. Du, B. Hardy, J. Harris, L. Marchant, T. Matsuzawa, W. McGrew, J. Mercader, R. Mora, M. Petraglia, H. Roche, E. Visalberghi, R. Warren

Title: Primate Archaeology

Journal: Nature

Year: 2009

References: Vol. 460, n. 7253 2009, pp. 339-344.