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Una tartaruga di due metri è l'ultimo pasto di uno squalo gigante del Mesozoico

25/01/2017

La lastra con i resti fossili del gigantesco squalo Cretodus e, nella zona della pancia, il grande bolo costituito dalle ossa della tartaruga marina ingoiata.
La lastra con i resti fossili del gigantesco squalo Cretodus e, nella zona della pancia, il grande bolo costituito dalle ossa della tartaruga marina ingoiata.

Appartiene al raro genere Cretodus e misurava oltre 7,5 metri di lunghezza lo squalo fossile gigante (figura 1) studiato da un team di paleontologi delle Università di Padova e di Ferrara, del CNR di Padova e della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, grazie anche alla collaborazione delle Soprintendenze di Verona e di Padova, del Museo di Storia Naturale di Verona e del Museo di Sant'Anna di Alfaedo (Vr).

Di questo genere di squalo, estinto da 80 milioni di anni, si conoscevano finora solo i denti - già rinvenuti in Europa, negli Usa, in Africa e in Asia - oggi, grazie allo studio pubblicato sulla rivista “Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology” si possono approfondire le conoscenze sul suo apparato dentale (oltre 120 denti), la sua struttura attraverso i frammenti di cartilagine calcificata e di gran parte della colonna vertebrale e il suo aspetto esteriore grazie ai piccoli denticoli che ricoprivano la sua pelle. Ma l’eccezionalità della scoperta sta nel fatto che il reperto fossile di squalo gigante conserva, nella zona dove si trovava lo stomaco (figura 2), i resti del suo ultimo pasto: un enorme bolo dal contorno subcircolare costituito da ossa di una grande tartaruga marina.

La zona dove è stato trovato il reperto è particolarmente significativa per i ricchi giacimenti di vertebrati marini fossili di età cretacea. Verso la fine dell'Era Mesozoica, quando il pianeta era popolato dai dinosauri, le Alpi non esistevano ancora e al loro posto si estendeva l'Oceano della Tetide. La zona dove oggi si trovano i Monti Lessini, a nord di Verona, era ricoperta da un mare relativamente profondo e lontano dalle zone emerse. Su quei fondali si depositavano fini sedimenti carbonatici. Le rocce stratificate di colore rosato derivate da quei sedimenti, sono estratte da centinaia di anni nella Lessinia per scopi edilizi.

Per informazioni:
Guido Roghi
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