23/11/2021
Al momento non sono noti asteroidi pericolosi che abbiano una significativa probabilità di impatto contro la Terra. Ma qualora in futuro dovessimo scoprirne uno che ponesse un rischio significativo per il nostro pianeta quali soluzioni avremmo? Per rispondere alla domanda e prepararsi a questa eventualità la NASA lancerà alla fine del mese di novembre la prima missione di test di deflessione asteroidale tramite un cosidetto impattore cinetico. La sonda DART, con una massa di 550 kg, andrà a colpire il piccolo asteroide Dimorphos (delle dimensioni di circa 160 metri di diametro) a una velocità di impatto di circa 24000 km/ora. La peculiarità di Dimorphos, che lo rende ideale per questo tipo di test, è che si tratta della luna di un sistema binario, ovvero esso ruota intorno all’asteroide Didymos (delle dimensioni di circa 780 metri) a una distanza di circa 1.2 km, in circa 12 ore. L’impatto di DART muterà il periodo orbitale di Dimorphos, avvicinandolo al suo primario, di circa 10 minuti. Tale effetto sarà misurabile da telescopi terrestri nelle settimane successive all’impatto.
Da un punto di vista scientifico, è essenziale capire a fondo la fisica dell’impatto su Dimorphos per essere in grado di calcolare la quantità di moto trasferita da DART nell’urto e poter quindi estrapolare i risultati di questo test ad altri asteroidi che potremmo dover deviare in futuro e che avranno forme, dimensioni e composizione diverse.
Le uniche immagini disponibili a questo scopo saranno quelle acquisite dalle due camere ospitate a bordo del cubesat italiano. Tali immagini andranno poi interpretate e confrontate con i modelli teorici di evoluzione dei detriti espulsi dal cratere al fine di determinare, in particolare, il contributo al cambiamento orbitale dovuto alle particelle che, venendo espulse dal cratere, causano un effetto propulsivo in direzione opposta al loro movimento (un po’ come il gas espulso dall’ugello di un razzo).
"A tale scopo il team di Cnr-Ifac si occupa dello studio della dinamica delle particelle emesse dal cratere al momento dell’impatto. Si tratta di una dinamica complessa, influenzata dalla forma irregolare di Dimorphos, dalla presenza di Didymos e dalle perturbazioni dovute alla pressione di radiazione (dovuta ai fotoni della luce solare che “spingono” le particelle alterandone il moto). Le simulazioni devono tenere conto inoltre delle incertezze che si avranno nell’urto (incluse, per es., l’effettiva direzione e posizione dell’impatto sulla superficie, la composizione dell’asteroide) e della natura fortemente caotica del sistema in esame", dichiara Alessandro Rossi Cnr-Ifac.
Il team che gestisce il progetto LICIACube, gestito e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), è interamente italiano. Come ricorda Elisabetta Dotto, dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Roma, leader del team scientifico: “Anche se ospitata dentro una sonda statunitense, LICIACube è la prima missione deep-space interamente gestita dall’ASI. I ritorni scientifici saranno notevoli sia per quanto riguarda la caratterizzazione dell’impatto che per lo studio degli asteroidi in generale. Il Telescopio Nazionale Galileo, gestito da Inaf, è coinvolto in una campagna mondiale di osservazione del sistema di Didymos, pre e post-evento per fornire una caratterizzazione fisica degli oggetti coinvolti e per una valutazione delle conseguenze dell’impatto sul moto orbitale di Dimorphos".
Il cubesat è stato progettato e sviluppato dalla società torinese Argotec che gestirà anche le operazioni di volo nelle delicate fasi dell’incontro ravvicinato congiuntamente al NASA Deep Space Network e all’ASI Space Science Data Center (per quanto riguarda il processamento e l’archiviazione dei dati).
Il team scientifico della missione è formato da un consorzio di enti di ricerca e università italiani. Il consorzio si è occupato e continua a occuparsi del disegno della traiettoria autonoma di LICIACube (Politecnico di Milano), della determinazione dell’orbita in real-time durante la fase operativa (Università di Bologna), e della simulazione dell’impatto, della formazione della nube di detriti, e delle immagini in-situ, in preparazione dell’analisi e dell’interpretazione dei dati ottenuti durante la missione (Inaf – Osservatorio Astronomico di Roma; Inaf – Osservatorio Astrofisico di Arcetri; Inaf – Osservatorio Astronomico di Padova; Inaf – Osservatorio Astronomico di Trieste; Inaf – Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali; Inaf – Osservatorio Astronomico di Capodimonte; Ifac – Cnr; Università Parthenope).
Per informazioni:
Alessandro Rossi
Cnr-Ifac
a.rossi@ifac.cnr.it
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