Il 30 dicembre 2002 le aree costiere abitate dell'Isola di Stromboli venivano investite da una serie di onde di maremoto alte sino a 10 metri. Le onde di maremoto erano l'effetto di almeno due frane distruttive, l'una sottomarina e l'altra subaerea, che avevano interessato il versante della Sciara del Fuoco, il fianco NW del vulcano di Stromboli, nel quale si riversano i prodotti dell'attività vulcanica.
In realtà il fianco NW, che oggi ci appare come un pendio piuttosto regolare, sia al di sopra che al di sotto del livello del mare, è il risultato del riempimento, da parte dei prodotti dell'attività vulcanica, di una depressione creatasi a seguito di più collassi laterali dello stesso fianco, avvenuti, secondo gli studi più recenti almeno in tempi protostorici.
Le frane che hanno prodotto le onde di maremoto sono il risultato di una sequenza di movimenti anche profondi (sicuramente sino a 70 m) che hanno coinvolto il settore NE del versante subaereo e sottomarino della Sciara dopo l'inizio dell'eruzione, avvenuto il 28 dicembre. La complessa evoluzione che ha portato alle frane distruttive del 30 dicembre 2002 è stata ricostruita allorché un gruppo di ricercatori delle Università di Roma "La Sapienza", dell'Università di Bologna, dell'INGV-Sezione di Catania e dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del CNR ha intrapreso, per conto del Dipartimento della Protezione Civile, nei giorni successivi gli eventi di frana, un apposito studio volto anche a valutare l'evoluzione delle condizioni di stabilità nei mesi successivi, a seguito dei forti cambiamenti delle condizioni morfologiche prodotti dall'intensa attività erosiva e da quella effusiva dello Stromboli.
Si deve sottolineare che un aiuto decisivo all'analisi dei fenomeni è venuto dal lavoro svolto nei mesi prima degli eventi dai componenti del gruppo di ricerca, coinvolti in due progetti del Gruppo Nazionale di Vulcanologia nell'ambito dei quali erano stati eseguiti dei rilievi di estremo dettaglio della morfologia del versante emerso e sommerso precedente la frana, e compiuti studi sulla stabilità del versante.
Tali rilievi sono stati confrontati con quelli compiuti nei giorni successivi le frane del 30 dicembre (ostacolati da proibitive condizioni meteo-marine) ed integrati con l'analisi delle foto aeree successive alla frana e con le foto da elicottero acquisite durante la sequenza dei diversi fenomeni di instabilità succedutisi dopo l'eruzione. Tali dati sono poi serviti per l'analisi di stabilità a ritroso del pendio che ha dato i primi indizi sui meccanismi di innesco. In tal modo si è potuto ricostruire la dinamica degli eventi.
Tale ricostruzione ha messo in evidenza il ruolo fondamentale sia dell'intrusione del magma nel versante durante l'eruzione, che ha innescato i primi profondi movimenti del settore NE del versante della Sciara almeno un giorno prima gli eventi distruttivi di frana, sia dell'instabilità della porzione sottomarina del versante, dalla quale si sono propagati a monte le successive frane.
La fase attuale dello studio è volta a comprendere i meccanismi con cui si sono innescati i diversi movimenti franosi della sequenza di instabilità. A questo proposito, non si deve dimenticare che le enormi difficoltà logistiche dovute alla estrema inaccessibilità dei luoghi ed alla continua attività vulcanica e di frana sul versante non hanno consentito indagini dirette (geotecniche/geofisiche) ma solo di tipo "remoto".
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