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L'influenza delle infezioni sulle origini dell'uomo

07/06/2012

Centomila anni fa la popolazione umana, che contava poche migliaia di individui, ha rischiato l'estinzione. I fattori che hanno permesso di superare questa fase critica non sono ancora chiari e le ipotesi sono diverse. Ora uno studio suggerisce che i nostri antenati potrebbero aver superato quel collo di bottiglia grazie a una mutazione genetica che ha conferito una migliore protezione contro patogeni che causano gravissime infezioni nei neonati della nostra specie. 

Proprio ai suoi albori, la nostra specie è stata a un passo dall'estinzione: si stima infatti che fra 200.000 e 100.000 anni fa la popolazione dei nostri antenati sia crollata fino al limite critico di 10.000, forse addirittura 5000 membri. Successivamente, però, si è verificato un boom demografico che ha permesso alla nostra specie di diffondersi sempre di più nel continente africano prima, e a colonizzare il resto del mondo poi. 

Che cosa aveva provocato quel "collo di bottiglia" nell'espansione della nostra specie e che cosa ha permesso di superarlo? Le ipotesi proposte sono molte: dagli sviluppi culturali, come lo sviluppo del linguaggio, ai cambiamenti climatici, fino ad altri eventi naturali catastrofici, come un'imponente eruzione vulcanica. Ora una ricerca pubblicata sui "Proceedings of National Academy of Sciences USA" e condotta da un gruppo internazionale di biologi e paleoantropologi propone un nuovo fattore significativo: le malattie infettive.
"Circa 100.000 anni fa nella nostra specie si è diffusa una mutazione che ha portato all'inattivazione di due geni legati al sistema immunitario, conferendo una migliore protezione da alcuni ceppi batterici patogeni, come Escherichia coli K1 e streptococchi di gruppo B, che costituiscono la principale causa di morte nel periodo prenatale e nei neonati" spiega Ermanno Rizzi, giovane ricercatore dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR che ha ottenuto dal MIUR un finanziamento FIRB "Futuro in Ricerca" proprio per condurre ricerche sul DNA antico con l'utilizzo di tecnologie di sequenziamento ultramassivo di nuova generazione. Il gruppo di Sequenziamento Ultramassivo dell'ITB-CNR di cui Ermanno Rizzi fa parte, coordinato da Gianluca De Bellis, è stato coinvolto nello studio in quanto e' stato il primo laboratorio in Italia a utilizzare le tecnologie indispensabili a questo progetto ed è formato da tredici persone che coprono sia la parte sperimentale che bioinformatica dello sviluppo e applicazione delle tecnologie Next Generation Sequencing.
"Abbiamo scoperto due geni che sono non funzionali negli esseri umani, mentre lo sono nei primati più prossimi a noi, e che avrebbero potuto essere l'obiettivo di batteri patogeni particolarmente letali per neonati e bambini." prosegue Rizzi " La morte dei più piccoli può avere un impatto significativo sulla capacità riproduttiva. La sopravvivenza della specie può quindi dipendere dallo sviluppo di una resistenza al patogeno o dall'eliminazione delle proteine che il patogeno sfrutta per prendere il sopravvento."
Ed è proprio questa seconda possibilità che secondo i ricercatori si è verificata nei nostri antenati. In particolare, gli autori dello studio indicano l'inattivazione di due recettori per l'acido sialico che modulano le risposte immunitarie e fanno parte di una grande famiglia di geni che sarebbe stata molto attiva nell'evoluzione umana. In particolare, hanno scoperto che il gene che codifica per la proteina Siglec-13 non fa più parte del nostro genoma, anche se rimane integro e funzionale negli scimpanzè, i nostri cugini evolutivi più vicini. L'altro gene siglec - che codifica per la proteina Siglec-17 - è ancora espresso negli esseri umani, ma sembra leggermente modificato e produce una proteina più corta, priva di utilità per gli agenti patogeni invasivi. Allo studio, coordinato dalla Scuola di Medicina dell'Università della California San Diego hanno partecipato anche il gruppo del Dipartimento di Biologia evoluzionistica guidato da David Caramelli e Laura Longo, ora responsabile scientifico dei Musei Comunali di Firenze.  

Per maggiori informazioni: Dr. Ermanno Rizzi, ermanno.rizzi@itb.cnr.it, Istituto di tecnologie biomediche del Cnr