News

Che succederebbe se le cozze d'acqua dolce si estinguessero?

11/11/2019

Si è appena concluso il Meeting di avvio di un progetto COST ('CONservation of FREswater MUSsels: Pan-European approach', CA18239) che vede 25 Paesi alleati per contrastare il declino delle cozze d’acqua dolce. Tra questi anche l’Italia, con due rappresentanti nazionali appartenenti al Cnr- Irsa (Nicoletta Riccardi) e all’Università di Milano (Camilla Della Torre). 

A pochi è noto, ma sono gli animali a maggior rischio di estinzione nel mondo.  Svolgono il loro importante lavoro nella melma oscura dei fondali dei nostri laghi e fiumi. Ignote al grande pubblico e, per di più, poco attraenti, non attirano l’interesse dei media, non compaiono in pose commoventi sui siti delle organizzazioni ambientaliste. E per di più non si mangiano e, a differenza delle api, non forniscono servizi di valore economico scontato.

Tutti hanno assaggiato almeno una volta il miele, acceso una candela o usato la propoli per curare il mal di gola. Quindi tutti sanno cosa fa l’ape quando la vedono volare di fiore in fiore. Ma solo pochi hanno visto le cozze d’acqua dolce, che non appaiono tra gli ingredienti della zuppetta o dell’impepata. Pur usando l’acqua, tutti continuano a non sapere che ci sono dei depuratori naturali in fondo al fiume, al lago, allo stagno. Il progetto COST, che vede l’Italia contribuire con gli altri 24 Paesi a salvaguardare le cozze d’acqua dolce, ha, tra i suoi molteplici scopi, quello di quantificare i servizi svolti dalle cozze, anche in termini economici. Perché se a un servizio corrisponde un valore in denaro, siamo tutti più pronti a preservarlo. Che le cozze siano dei filtratori è noto ai più, ma che oltre ai servizi più umili, come la depurazione, ne svolgano altri lo dobbiamo pubblicizzare se non vogliamo correre il rischio di farlo 'ad memoriam'.

Innanzitutto, come filtratori sono in grado di filtrare grandi volumi d’acqua rimuovendo le particelle sospese, ma anche le sostanze inquinanti. Il loro ruolo non si esaurisce qui, ma questi organismi devono la loro 'notorietà' (peraltro scarsa tra i non addetti ai lavori) al fatto che sono comunemente usati come indicatori biologici per il monitoraggio della qualità delle acque. Un improvviso aumento della mortalità delle cozze d'acqua dolce è un indice affidabile di contaminazione tossica. La scomparsa delle cozze d’acqua dolce di solito indica un inquinamento persistente dell’ambiente. Possiamo analizzare le cozze per ottenere una mappa degli inquinanti, ma anche per seguire l’evoluzione dell’inquinamento nel tempo. Ma come possono accumulare sostanze che sappiamo essere tossiche senza lasciarci la pelle, o, meglio, la conchiglia? Lo possono fare perché il loro organismo possiede delle particolari capacità di de-tossificazione: cioè le sostanze tossiche vengono 'inattivate' mediante diversi meccanismi biochimici.

Ad esempio, alcuni metalli vengono 'legati' a proteine che li rendono inattivi o incapaci di entrare nelle cellule attraversando la membrana cellulare. Altri metalli vengono 'pietrificati' imprigionandoli in granuli di carbonato di calcio che vengono accumulati nei tessuti del mollusco oppure trasferiti nella conchiglia. E una volta che sono nella conchiglia, ovviamente, ci restano per tutta la vita dell’animale, e oltre. Infatti, come tutti sappiamo, le conchiglie durano molto più a lungo degli animali che le hanno prodotte. Chi non ha, almeno una volta nella vita, raccolto e conservato qualche bella conchiglia? E le conchiglie fossili dimostrano che la durata può essere davvero lunga! Allora accumulare le sostanze tossiche in una conchiglia equivale a togliersele dai piedi per un sacco di tempo! E questo è un 'servizio' importante che le cozze possono fornirci. Ma non è finita: muovendosi nei sedimenti, le cozze ne favoriscono la penetrazione dell’ossigeno, regolano la disponibilità delle sostanze nutrienti, quali azoto e fosforo, che stanno alla base di tutta la catena alimentare dell’ecosistema, dai batteri ai lucci. La presenza di alcune specie di cozze, inoltre, fornisce maggiore stabilità ai fondali dei fiumi e dei torrenti riducendo la quantità di detrito asportata a causa delle periodiche, e talvolta violente, variazioni delle portate d’acqua.

Le cozze quindi non sono belle, non si mangiano, ma svolgono servizi estremamente utili e sono bioindicatori di salute acquatica: la presenza di popolazioni di cozze abbondanti e riproduttive indica un sistema idrico sano che significa buona pesca, buona qualità delle acque per gli uccelli acquatici e per altre specie di fauna selvatica (uomo compreso). Come filtratori e accumulatori di molte sostanze (anche tossiche) svolgono un ruolo simile a quello di piccoli impianti di depurazione naturale dell‘acqua. Per la loro elevata sensibilità alle alterazioni dell’habitat e ai diversi tipi di inquinamento, questi organismi sono ampiamente utilizzati come 'bio indicatori' della qualità degli ecosistemi, e negli USA come specie 'modello' per la determinazione e l’aggiornamento delle soglie di ammissibilità in materia di legislazione sugli scarichi inquinanti. Il loro uso come indicatori di accumulo si basa sull’indubbio vantaggio di poter valutare, dalla quantità di inquinanti presenti nei loro gusci e tessuti, il tipo, l’estensione, e anche il tempo nel quale è avvenuto l’inquinamento. E non solo! … i loro gusci possono essere usati come 'registratori' dell’evolversi dell’inquinamento negli anni. Infine, la chicca: provviste di sensori adeguati che misurano il movimento e/o il battito cardiaco, sono impiegate come sentinelle di allarme in tempo reale per eventi di disturbo ambientale.

Con l’inizio dell’Azione COST CONFREMUS le cozze avranno i loro difensori: ora possono mirare ad avere anche dei 'followers'.

Per informazioni:
Nicoletta Riccardi
Cnr - Istituto di ricerca sulle acque
Largo Tonolli 50
nicoletta.riccardi@irsa.cnr.it
3475041411

Vedi anche: